La cucina può rappresentare il cuore di una casa… o di uno spazio di coworking. A dimostrarcelo è Roberto Loiacono, chef innamorato del suo lavoro.

Se c’è una cosa che mette tutti d’accordo, almeno per noi italiani, è l’amore per il buon cibo. In Impact Hub Bari come molti già sanno, abbiamo una cucina che per noi non è un semplice spazio in cui condividere cibo o cucinare ma molto di più.

Anche Roberto Loiacono la pensa come noi! Roberto è un talentuoso Chef pugliese che ha tenuto nella nostra cucina, un fantastico cooking show!

Nella realizzazione del suo piatto (gustosissime orecchiette con crema di broccoli, con varianti vegane) e del suo spettacolo, Chef Roberto non solo ha portato in scena la sua simpatia e passione per quest’arte, ma ha anche messo in luce l’importanza di avere in un spazio di lavoro una cucina, un luogo in cui le persone si incontrano, conoscono e raccontano, creando sinergie.

Ma Roberto non è nato professionalmente chef, ad un certo punto della sua vita c’è stato un cambio di rotta. Per questo l’abbiamo invitato nel nostro coworking per uno show. Gli abbiamo chiesto di raccontarci la sua storia di cambiamento personale e professionale. Ecco l’intervista.

Molto piacere Chef. Raccontaci un po’ di te!

Il piacere è mio!

Io sono Roberto Loiacono, chef nel territorio pugliese (e non solo). Un po’ di anni fa ho fatto una scelta molto importante per la mia vita: lasciare il mestiere di avvocato per dedicarmi totalmente alla mia vera passione, la cucina.

Quindi, in precedenza facevi l’avvocato?

Sì. 

Ho lavorato per 26 anni come avvocato, anche per aziende molto grandi. Mi piaceva, ma col passare degli anni, forse anche dovuto al mio passato (provengo da una famiglia di grossisti alimentari), si è accesa in me la voglia di tornare nel settore alimentare. Nel 2014 mi sono rimesso a  studiare e ho preso il diploma alberghiero e il titolo da sommelier.  

Dopodiché, ho avuto un vero e proprio “rigurgito nel mio DNA” che mi ha fatto capire di voler diventare un cuoco a tutti gli effetti. E così, ho cominciato a cucinare mentre svolgevo ancora la mia professione da avvocato. Per un po’ di tempo ho affiancato le due cose. Poi ho capito che volevo dedicarmi a tempo pieno alla cucina e adesso sono al cento per cento Chef Roberto!

Ti trovi nel posto giusto allora: anche molti nostri hubbers hanno cambiato lavoro per inseguire la propria strada. Rispecchi a pieno lo spirito Impact Hub.

Ho fatto questa scelta perché cucinare è quello che mi piace fare. Mi piace creare con le mani e penso che Impact Hub sia il posto perfetto per dimostrarlo.

Quando sono venuto qui per la prima volta, mi ha colpito molto lo spazio. Ho subito percepito energia fra i vostri “corridoi”: È come se si sentissero le menti delle persone al lavoro, le menti che creano, esattamente come la mia.

La vostra zona food è perfetta. Rappresenta a pieno ciò che per me è la cucina.

Cos’è per te la cucina? 

Per me la cucina è tante cose, ma prima di tutto è l’essenza della socialità. 

E in questo Impact Hub Bari, la socialità è di casa.

Perché hai creato il tuo personal brand “Spadellarte”?

Ho creato la mia compagnia di food & beverage Spadellarte perché volevo (e voglio) portare alle persone la sensibilità, la cordialità e la tranquillità che ti dà un buon piatto ben servito.

Queste sono le caratteristiche fondamentali della cucina e dei miei piatti in particolare. 

Infatti tengo molti home restaurant, spettacoli culinari ed eventi artistici nei locali e nelle fiere di tutta Italia.

Voglio portare alla gente un momento di spensieratezza e di divertimento nelle loro vite. 

Quando li vedo farmi domande, sorridere e apprezzare i miei piatti, allora sono soddisfatto!

Bellissimo.

E il nome del tuo brand invece, come ti è venuto in mente?

Ho semplicemente unito in un’unica parola il verbo “spadellare” con ciò che rappresenta per me… ed è ecco “Spadellarte”!

Adesso questo brand è la desinenza che descrive perfettamente la mia vena artistica.

Quindi alla fine, possiamo dire che la cucina è passione, incontro, socialità, cordialità e in ultimo arte?

Oh, no.

La cucina è sì tutte queste cose, ma non è arte….bensì è Spadellarte!

Leadership Aziendale e Ruolo del Leader

La leadership aziendale consiste in un insieme di atteggiamenti messi in atto dal leader dell’impresa o dai responsabili dei team di lavoro, in grado di influenzare i comportamenti e i risultati dei propri collaboratori. Rappresenta un fattore critico per l’impresa, e può influenzare il raggiungimento degli obiettivi aziendali e dei team di lavoro. In questo articolo vedremo quanto è importante la leadership in azienda e quali sono i suoi benefici, focalizzandoci sulle diverse tipologie di leadership aziendale esistenti e la loro influenza sui collaboratori.

Cosa Vuol Dire Leadership Aziendale?

La leadership aziendale è un processo attraverso il quale un individuo, o leader è in grado di influenzare gli atteggiamenti, pensieri e comportamenti dei suoi collaboratori senza l’utilizzo di metodi coercitivi. Differenzia pertanto un leader dal semplice capo d’azienda, e pertanto ricopre un ruolo di estrema importanza all’interno dei team startup nel raggiungimento degli obiettivi comuni.

Definizione di Leadership Aziendale e Significato

Per comprendere il significato di leadership aziendale possiamo partire dalla sua etimologia. Il vocabolo appartiene alla lingua inglese e deriva dal verbo “to lead”; dal significato di “guidare”, “dirigere”, “condurre”. Da ciò possiamo facilmente definire il concetto di leadership aziendale come quell’insieme di atteggiamenti e comportamenti utili al leader di un team per condurre i suoi collaboratori al raggiungimento degli obiettivi di business prefissati. Una corretta comunicazione e l’utilizzo di atteggiamenti motivanti costituiscono alcuni degli elementi cardine che permettono di distinguere un leader da un capo d’azienda.

Leadership e Capacità di Lavorare in Team: Perché Sono Così Importanti nel 2022?

Ad oggi sappiamo che la leadership aziendale e la capacità di lavorare in team sono alcune delle soft skills più ricercate dai recruiter nel 2022. Il motivo è legato alla grande importanza che i team per startup ricompro all’interno di un ambiente altamente dinamico e in continuo divenire. I componenti del team dovranno collaborare insieme, spesso svolgendo mansioni che si discostano dal loro iniziale ruolo nell’impresa, per il raggiungimento di un obiettivo comune. Il leader del team ricopre un ruolo chiave nel raggiungimento del successo, facendo da collante tra le diverse personalità all’interno del gruppo e sfruttando i punti di forza di ogni componente per il raggiungimento degli obiettivi di business. Motivo per cui, avere un’ottima leadership e buone capacità di lavorare in team permetteranno al candidato di emergere agli occhi dei recruiter in cerca di una figura in grado di ricoprire il ruolo di leader d’azienda.

Importanza e Benefici della Leadership in Azienda

La leadership in azienda ricopre un ruolo di grande importanza in quanto rappresenta un’efficiente risorsa nel mantenere alta la produttività e nel risolvere problematiche scaturite dalla collaborazione tra i membri del team. Inoltre, la leadership di chi è al comando dell’impresa comporta alla stessa numerosi benefici come:

Caratteristiche di un Leader d’Azienda

Data l’importanza della leadership all’interno dell’impresa, è importante comprendere quali sono le caratteristiche che fanno di un individuo un buon leader aziendale. La loro comprensione è utile sia ai recruiter nell’individuazione di potenziali candidati a cui affidare la gestione di un team, sia ai candidati stessi, di modo da poterle acquisire e proporsi come figura di leader all’interno di un team startup.

Le principali caratteristiche di un leader d’azienda sono:

Stili di Leadership Aziendale

La leadership aziendale viene espressa in diversi modi all’interno dell’organizzazione, ed è possibile distinguere le diverse tipologie di leadership in base alla modalità con cui il leader d’azienda dirige il proprio team. Possiamo quindi distinguere le tipologie di leadership in:

Leadership Autoritaria

Colui che decide di optare per una leadership autoritaria, o assertiva, tende a imporre la propria idea pretendendo che i suoi collaboratori la seguano. Questa prima tipologia di leadership viene considerata poco efficace in quanto tende a discostarsi dai principi del buon condottiero, spesso rivelandosi fallimentare e controproducente. Il leader autoritario tende così; a generare malcontento tra i suoi collaboratori che influirà; in maniera negativa sulla coesione del gruppo.

Leadership Democratica

Il leader democratico, al contrario del precedente, è più predisposto a far partecipare i suoi collaboratori nel processo decisionale. Stimola la condivisione di idee e la collaborazione tra i membri del team per il raggiungimento dell’;obiettivo condiviso.

Leadership Autonoma

La leadership autonoma sprona l’indipendenza dei singoli collaboratori affidando loro precisi compiti da poter svolgere in autonomia, secondo le loro qualità; e punti di forza, lasciando pieni poteri nel raggiungimenti degli obiettivi individuali assegnati. Viene spesso utilizzata dai leader come metodo per spronare la creatività e le doti dei singoli membri del team.

Differenze tra Capo e Leader

Abbiamo giù accennato ad una netta distinzione tra le figure di leader e capo d’azienda, fin troppe volte confuse tra loro. Come abbiamo visto, il leader d’azienda è colui che ha come scopo principale il raggiungimento degli obiettivi e non la devozione dei suoi collaboratori. Si preoccupa di valorizzare ogni singolo membro del team secondo quelli che sono i loro punti di forza, stimolando la collaborazione, inclusione nei processi decisionali e l’ideazione di soluzioni creative e fuori dagli schemi. Antepone il raggiungimento degli obiettivi di gruppo a discapito degli obiettivi individuali e si preoccupa di stimolare la crescita di ogni membro del team. Al contrario, il capo è colui che tende a trattare i membri dell’organizzazione come sottoposti e non come collaboratori. Utilizza la propria posizione lavorativa e l’esperienza maturata come giustificazione alle decisioni prese in totale autonomia, pretendendo una piena adesione dei membri del team. Non si preoccupa di coltivare la collaborazione e la comunicazione con i componenti del gruppo ma si limita ad assegnare compiti da svolgere. Tutti questi comportamenti inficeranno in maniera negativa sullo stato emotivo del team e sui loro risultati, dovuti ad azioni e atteggiamenti controproducenti, generando malessere e malcontento tra i membri del gruppo di lavoro.

Leader Transazionale e Leader Trasformazionale

Quando parliamo di leadership aziendale è bene porre l’accento su un’ulteriore distinzione tra le tipologie di leader che possiamo trovare:

Il leader transazionale è colui che, incaricato dall’azienda, ha il compito di guidare e motivare i dipendenti del team. Rappresenta un ponte tra l’azienda e i suoi dipendenti, ne osserva il lavoro da vicino e viene retribuito per svolgere queste particolari mansioni. Il leader trasformazionale, invece, ha una dote naturale nel trasmettere fiducia e sensazioni positive ai collaboratori. Svolge le medesime funzioni del leader transazionale, senza che venga assunto e pagato specificatamente per questo, ma lo fa essendo parte della sua natura. Risulta pertanto una figura più rara da trovare, che tuttavia può portare a risultati più immediati ed efficienti.

Come Stimolare la Leadership in Azienda

Come si è visto, la leadership ricopre un ruolo di grande importanza nell’azienda, motivo per cui è bene comprendere come questa possa essere stimolata all’interno dell’organizzazione. Le attività più utilizzate per stimolare la leadership all’interno di un’organizzazione sono rappresentate dalle attività di team building. Queste sono un complesso di attività formative che, mediante l’utilizzo di una serie di dinamiche diverse, hanno l’obiettivo di accrescere le competenze e le capacità dei membri del team. Queste possono riguardare giochi di squadra, esperienze e sfide in contesti diversi da quelli quotidiani, giochi di ruolo e molte altre attività finalizzate a stimolare la creatività, la cooperazione e la capacità di problem solving.

Articolo di Daniele Pignone

Quali Sono le Competenze Trasferibili più Richieste nel 2022

Con competenze trasferibili si è soliti indicare abilità e competenze utilizzabili in diversi lavori e in ambiti differenti. Rappresentano qualità utili a chi desidera cambiare spesso occupazione per cercare nuovi stimoli professionali. In questo articolo definiremo le competenze trasferibili, perché sono importanti e come valorizzarle in sede di colloquio.

Competenze Trasferibili: Cosa Sono

Le competenze trasferibili, conosciute anche come transferable skills o meta-competenze rappresentano un complesso di abilità e capacità che trovano la loro applicabilità in svariati macro contesti e in ambienti lavorativi differenti. Queste, essendo un insieme di abilità intellettive, cognitive e pratiche, permettono al candidato di adattarsi facilmente alle diverse richieste del mercato e partecipare alla selezione per diverse figure lavorative.

Importanza delle Competenze Trasferibili

I motivi per cui è importante possedere competenze trasferibili sono molteplici. Basti pensare alla dinamicità che caratterizza l’ambiente lavorativo odierno, dove sono sempre più i lavoratori che desiderano cambiare la propria posizione lavorativa. A tal proposito sarà importante avere competenze, la cui applicabilità possa essere trasferita e traslata in settori differenti. Gli stessi datori di lavoro tendono a preferire candidati che dimostrano ottime capacità di adattamento alle diverse situazioni lavorative, in particolare i founder di startup, realtà dove spesso si è soliti svolgere mansioni non propriamente legate all’iniziale ruolo nell’impresa innovativa. Inoltre, il possesso di ottime capacità trasferibili rappresenta un valido indicatore dell’efficacia con cui è possibile adattarsi alle diverse mansioni di un leader e di un collaboratore del team startup.

Quali sono le Competenze trasferibili: Esempi

Comprendere quali possano essere le competenze trasferibili attraverso degli esempi pratici potrebbe aiutare il candidato nella compilazione del CV ed in fase di colloquio. Tendenzialmente le hard skills, o competenze tecniche, riguardano abilità utilizzabili in specifiche professioni, mentre è più facile trovare soft skills o competenze trasversali, che siano facilmente trasferibili e utilizzabili in diversi settori lavorativi. Tra gli esempi di competenze trasferibili che possiamo menzionare troviamo:

Altre abilità o competenze trasferibili possono essere:

Capacità Trasferibili nel CV

Come accennato, una delle motivazioni che rendono le competenze trasferibili di grande importanza è la possibilità di poterle inserire all’interno del CV per dimostrare le proprie abilità nel ricoprire un determinato ruolo. A questo punto si dovrebbe cercare di dare il maggior risalto possibile alle abilità in possesso cercando non solo di inserirle all’interno del curriculum in modo sterile, ma argomentandole con pratici esempi. Se invece si preferisce non occupare ulteriore spazio all’interno del CV, è bene preparare comunque degli esempi efficaci da tenere a mente, in quanto potrebbero essere utili in fase di colloquio. In alternativa, anche la lettera motivazionale può essere un ottimo modo per evidenziare le proprie competenze in fase di candidatura.

Competenze Trasferibili nel Colloquio

Come accennato, in fase di colloquio sarà importante dimostrare al recruiter le proprie competenze trasferibili con dei pratici esempi. Questi possono riguardare il modo con cui si è affrontato una particolare situazione, o problema oppure in che modo queste sono state utili nelle precedenti mansioni lavorative. Pertanto è bene ricordare che il semplice elenco all’interno del CV non servirà a nulla se durante il colloquio non si darà; la dimostrazione di avere le capacità trasferibili elencante e di saperle utilizzare in maniera efficiente nei diversi contesti in cui si potrebbe essere coinvolti.

Come Coltivare le Competenze Trasferibili

Per coltivare le competenze trasferibili si potrebbe cominciare dal definire quali sono le capacità più richieste e quelle più in possesso. Una volta stilato l’elenco bisognerà definire quelle che andrebbero migliorate e quelle da acquisire perché mancanti e molto richieste dal mercato del lavoro. Il passo successivo sarà capire come poterle coltivare. Immaginando che la maggior parte di queste sono soft skills, competenze non acquisibili con la frequentazione di corsi, scuole, o con il possesso di attestati e certificazioni, si potranno acquisire solo con l’esperienza e il vissuto. Si raccomanda quindi di partecipare a teamwork e seminari, ampliare il proprio network di conoscenze e di uscire dalla propria bolla o routine.

Competenze Trasferibili e Lavoro

In conclusione, è bene ricordare come le competenze trasferibili ricoprano una grande importanza all’interno del mondo del lavoro, specie quello degli ultimi anni, caratterizzato da una tale dinamicità e continua evoluzione. Per rimanere competitivi sarà quindi preferibile avere una conoscenza complessiva di diverse abilità in modo da poter cambiare carriera lavorativa qualora ce ne fosse la necessità. Discorso simile si potrebbe fare per chi è in cerca della sua prima occupazione. Aver sviluppato nel corso del tempo un buon numero di competenze trasferibili sarà di grande aiuto, per il semplice fatto che si potrebbe risultare idonei ad un numero maggiore di annunci di lavoro in ruoli e settori differenti tra loro.

Articolo di Daniele Pignone

Quali Sono i Vantaggi nel Lavorare in Team

La capacità di lavorare in team tra le soft skills, o competenze trasversali, più richieste dai recruiter in fase di colloquio. Possedere competenze di team working garantisce degli enormi vantaggi sia per l’impresa che per i singoli membri del team. Motivo per cui, in questo articolo, vogliamo definire le caratteristiche utili per lavorare in gruppo e alcune regole e consigli utili per migliorare le capacità di lavorare in team.

Cosa Significa Lavorare in Team

Con il saper lavorare in team si intende l’insieme di capacità che consentono alla persona di lavorare sinergicamente e collaborare con gli altri componenti del gruppo per raggiungere un obiettivo comune. Rappresenta una delle soft skills più richieste dai recruiter e dagli startupper in cerca di collaboratori per il proprio team e che vogliono operare in un ambiente lavorativo dinamico dove il singolo componente potrebbe essere coinvolto in attività che si discostano dal suo iniziale ruolo nell’impresa.

Importanza delle Soft Skills

Come già accennato, il saper lavorare in team rappresenta una delle soft skills più importanti e richieste dai recruiter. Dato l’ambiente lavorativo delle startup, altamente dinamico e in continua evoluzione, è importante possedere competenze trasversali che permettano di poter fronteggiare le sfide quotidiane nel migliore dei modi. Inoltre, data la natura organica tendenzialmente contenuta delle startup, la capacità di lavorare in team rappresenta una delle soft skills che si deve necessariamente avere nel proprio CV per emergere nella mole di candidature che ogni recruiter o startupper riceverà.

Importanza del Lavoro di Gruppo

La capacità di lavorare in gruppo riveste una grande importanza all’interno del team startup. Il riuscire ad organizzare un ottimo lavoro di squadra permette al team leader o startupper, di poter meglio canalizzare le attività e ambire a obiettivi più grandi e contribuire alla crescita personale di ogni membro. Costruire un gruppo composto da elementi che posseggono ottime capacità di lavoro in team facilita la valorizzazione di ogni singolo membro, il quale potrà utilizzare i propri punti di forza per contribuire al raggiungimento dell’obiettivo comune. Solo se si hanno ottime capacità di lavorare in gruppo si riuscirà ad anteporre l’interesse dell’intero team agli obiettivi dei singoli membri. Ragion per cui, la capacità di lavorare in team è una delle competenze che si deve necessariamente avere per poter lavorare nel mondo delle startup.

Caratteristiche Utili per Lavorare in Team

Affinché il team startup possa esprimere al massimo il suo potenziale e raggiungere gli obiettivi prefissati, sarà necessario che questo sia composto da collaboratori che abbiano precise caratteristiche utili per lavorare in team. Conoscere quali sono queste caratteristiche è fondamentale per il recruiter, che avrà il compito di individuare i membri che lavoreranno nel team e che posseggono le caratteristiche che vedremo, e per colei o colui che vorrebbe lavorare nel team per startup e pertanto deve coltivare e dimostrare di avere le capacità richieste. Tra le caratteristiche utili per lavorare in team troviamo:

Regole e Consigli per Lavorare in Team

Lavorare in un team per startup non è semplice: dato il fine ultimo della collaborazione tra i membri del gruppo, è importante che ci sia sinergia tra i componenti per il raggiungimento dell’obiettivo comune. La collaborazione tra i membri e il raggiungimento degli obiettivi sono i due elementi principali che determinano il successo del team startup. Ragion per cui, per lavorare in un team è bene che ci siano delle regole che permettano alle diverse personalità che lo compongono di non prevaricare sulle altre nel rispetto comune. Alcuni dei consigli e delle regole utili per lavorare in team sono:

Avere Ottime Abilità Comunicative

Possedere buone capacità comunicative potrebbe sembrare ai più un requisito base e altrettanto scontato per lavorare in un team, tuttavia non è sempre così. Vi è infatti una sostanziale differenza tra il semplice comunicare e il comunicare con efficienza. Spesso vi è la tendenza a dare per scontati alcuni ragionamenti e motivazioni, presumendo che l’interlocutore ne sia già a conoscenza. Una credenza errata che potrebbe portare a fraintendimenti all’interno del team e a complicazioni che potrebbero minare la buona riuscita del lavoro di gruppo. A tal proposito è sempre consigliato dedicare il giusto tempo per far comprendere all’interlocutore le motivazioni e i ragionamenti che hanno portato ad una determinata decisione.

Essere Predisposti all’ascolto

Per lavorare in un team le abilità comunicative non sono sufficienti se tutti i membri non sono disposti ad ascoltare le opinioni altrui. Inoltre, ottime capacità di ascolto possono contribuire a rafforzare il legame tra gli appartenenti del gruppo. A tal proposito è bene ricordare che non si tratta solo di ascoltare idee e opinioni riguardo il lavoro del team, ma anche eventuali problemi personali ed emotivi, che potrebbe aumentare la coesione e il coinvolgimento di tutti i membri.

Condividere con Tutti i Membri le Proprie Idee

Durante le attività di team è importante condividere le proprie idee anche se queste potrebbero sembrare irrealizzabili. D’altronde i brainstorming hanno l’obiettivo di generare spunti interessanti da cui possono nascere nuove idee subito applicabili al progetto su cui si lavora e idee che, anche se inizialmente considerate “bizzarre” possono portare a strade alternative e interessanti se condivise con gli altri membri del team che potrebbero collaborare nel dare una forma concreta alle prime ipotesi.

Essere Disposti ad Adattarsi

La capacità di adattarsi rappresenta una delle caratteristiche essenziali per poter lavorare in team. Ci si dovrà confrontare con persone diverse da noi e che potrebbero avere modi di pensare opposti al nostro. Non per questo uno scambio di opinioni dovrebbe portare a risultati negativi, anzi, spesso confrontarsi con chi ragiona in modo differente potrebbe fornirci nuovi spunti di riflessione per un problema.

Avere un Coinvolgimento Attivo

Con coinvolgimento attivo si intende spronare gli appartenenti al team come parte integrante del progetto a cui stanno lavorando. Questo dovrebbe rappresentare uno stimolo non indifferente e aumentare la consapevolezza del contributo apportato per il raggiungimento degli obiettivi comuni.

Lavorare con Impegno per Raggiungere l’Obiettivo

Sembra scontato e banale ma è bene ricordare che tutti i membri del team dovrebbero impegnarsi al massimo nel lavoro svolto e sentirsi responsabili di ogni piccola operazione. Non deve assolutamente passare l’idea che gli errori commessi per il poco impegno possano essere coperti dagli sforzi del resto dei componenti del team.

Avere Buone Capacità di Problem Solving

Le capacità di problem solving sono tra le più richieste per la formazione del team startup. In un ambiente così dinamico i problemi potrebbero essere all’ordine del giorno, pertanto poter contare su elementi che posseggono ottime capacità di problem solving potrebbe essere un grande vantaggio per l’intero team.

Vantaggi del Lavorare in Team

Come accennato, il lavorare in team porta numerosi vantaggi sia all’impresa che ai singoli membri del gruppo, motivo per cui sono sempre più le aziende e i recruiter che ricercano profili professionali che abbiano tra le loro competenze buone capacità di lavorare in team.

Vantaggi per l’Impresa

La tendenza delle imprese a costruire dei team all’interno del loro organico per il raggiungimento di determinati obiettivi è in continua crescita. Il motivo risiede nei numerosi vantaggi che hanno riscontrato adottando questa particolare modalità di lavoro per determinati progetti. Tra i principali vantaggi del lavorare in team troviamo:

Vantaggi per i Singoli Membri

Così come il lavorare in team porta a dei vantaggi per l’impresa, allo stesso modo ci sono dei vantaggi tangibili per i singoli membri del team. Questo anche grazie alla possibilità di venire a contatto con diverse figure professionali con specifiche abilità e competenze che permettono al dipendente di uscire dalla propria bolla e confrontarsi con personalità differenti. Tra i principali vantaggi troviamo:

Ruolo del Team Leader

Ogni team di lavoro deve essere gestito da un leader che sia in grado di motivare e coinvolgere tutti i membri in modo da consentire il raggiungimento degli obiettivi di gruppo. Il ruolo del team leader non si ferma qui e infatti questi ha l’arduo compito di assicurare un’armonia di gruppo tale da favorire la collaborazione anche tra collaboratori con personalità completamente diverse. Deve inoltre fornire obiettivi chiari e istruzioni precise sullo svolgimento, deve assicurarsi che le mansioni assegnate siano in linea con le competenze possedute dai collaboratori del team e avere ottime capacità di delega. Attraverso la delega può rendere responsabili e consapevoli i membri del gruppo rispetto alle loro capacità permettendogli di acquisire consapevolezza dei propri mezzi e sicurezza nello svolgere le attività. Dovrebbe anche incentivare lo sviluppo delle capacità dei singoli membri dei singoli membri, attivando una sorta di coaching nei loro confronti ed individuando le loro potenzialità. Un buon leader di team deve infine riuscire a motivare i suoi collaboratori facendoli sentire parte attiva di un progetto comune e non solo come meri esecutori di ordini.

Team e Gruppo di Lavoro: Differenze

Non sempre sono chiare le differenze che ci sono tra un team di lavoro e un gruppo di lavoro. Anche se possono sembrare due concetti molto simili, tanto da essere utilizzati come sinonimi, in realtà presentano differenze sostanziali. La più importante è contenuta nella definizione di team di lavoro. Come già accennato, un team è contraddistinto dal raggiungimento di un obiettivo comune raggiungibile attraverso la collaborazione tra i suoi membri. Invece, nel gruppo di lavoro la collaborazione tra i componenti non è così importante e il lavoro di ogni singolo membro acquisisce un’importanza maggiore.

Come Inserire le Capacità di Lavoro in Team nel CV

Come si è visto la capacità di lavorare in team rappresenta una delle competenze trasversali più richieste dai recruiter e le ragioni sono state esaminate all’interno di questo articolo. Di conseguenza, è bene inserire questa particolare soft skill all’interno del CV per avere la possibilità di emergere rispetto agli altri candidati. Ma come poterla inserire? Essendo una competenza trasversale, si è soliti inserirla in una sezione dedicata all’interno del curriculum in cui raccogliere e menzionare tutte le soft skills in possesso. Tuttavia, è bene ricordare che questo non basta a dimostrarne il reale possesso agli occhi dei recruiter, il quale durante il colloquio potrebbe manifestare delle perplessità. Sarà compito del candidato dimostrare, attraverso pratici esempi su come si ha avuto la possibilità di sviluppare la capacità di lavorare in team o quando si ha avuto la possibilità di utilizzarla nella precedente occupazione.

Articolo di Daniele Pignone

Tenutosi a Spazio Murat il talk “Metaverso: potenziamento della realtà o fuga da essa?” . Portate alla luce le opportunità ma anche gli aspetti ambigui di questa realtà sempre più vicina a noi

“Parliamo oggi di un fenomeno che non ha ancora preso veramente piede oggi, ma che si riscontrerà nel prossimo futuro. Un qualcosa ancora in divenire”. Con queste parole Sergio Giorgio co-fondatore di Endymion start-up di realtà aumentata, ed esperto di progettazione e sviluppo di sistemi informatici, realtà virtuale, intelligenza artificiale e innovazione tecnologica – apre la discussione sul Metaverso.

Come ha spiegato Sergio nel talk, la parola Metaverso è diventata la parolina magica che si usa in ogni discussione che riguardi le nuove tecnologie. Molto probabilmente a causa di Mark Zuckerberg, CEO del colosso Facebook, che per annunciare l’impegno della sua società nella creazione di un universo parallelo e del passaggio di nome da FB a META, ha diffuso in rete un suo video all’interno del Metaverso. Inoltre, tale parola viene erroneamente ritenuta e usata come sinonimo di realtà virtuale.

Ciò dimostra che c’è una grande confusione su cosa sia e cosa non sia questo fenomeno.

Ma quindi cos’è realmente il Metaverso?

Durante il talk Sergio ci spiega che di Metaverso non esiste una reale e vera definizione, essendo un fenomeno al momento agli inizi, ma cerca comunque di darci una dritta per farcelo comprendere, e ci illustra un sunto sulle sue caratteristiche:

il Metaverso è una rete di mondi virtuali aperti e condivisi costituiti da ambienti virtuali 3D: è solo uno ed interconnette più realtà parallele aperte e condivise;

realtà virtuale non è sinonimo di Metaverso, bensì essa è un mezzo per entrarci;

–  gli strumenti principali per accedere al Metaverso sono i visori

gli utenti, potenzialmente in numero illimitato, sono dotati di avatar digitali con un’ídentitá persistente nel tempo;

gli utenti possono esplorare i mondi stessi ed interagire con altri utenti sperimentando la stessa realtà in maniera sincrona;

i cambiamenti che avvengono nei mondi virtuali persistono nel tempo: strutturali, pagamenti, proprietà di beni, transazioni.

Ci dice anche che il termine Metaverso proviene dal mondo della fantascienza: fu coniato nel 1992 da Neal Stephenson, autore del romanzo postcyberpunk “Snow Crash” (quindi non è stato Zuckerberg il primo a usarlo e a diffonderlo). Ci sono diversi film che ne trattano, come il Tagliaerbe di Brett Leonard (1992) e Ready Player One di Steven Spielberg (2018). Quest’ultimo in particolare rappresenta piuttosto fedelmente quello che sarà da qui a 15 anni.

Quindi, parlando in una visione futuristica, un giorno il Metaverso costituirà l’esistenza dell’uomo e la realtà che conosciamo oggi non esisterà più. 

Al momento siamo ancora lontani da ciò, ma pian piano ci stiamo avvicinando. Ne sono una dimostrazione alcuni videogame e applicazioni che usano il mezzo della realtà virtuale per essere utilizzate dagli utenti. Queste sono: Second Life, Roblox, Fortnite, Star Atlas, Decentraland, The Sandbox, Horizon Workrooms, Opensea, Bloktopia.

Ma quali sono i vantaggi che ci fornirà?

L’interazione con persone fisicamente distanti da noi ad un livello molto più avanzato dei social d’oggi: si potrà “toccare” l’altro e stare insieme. Il comprare terreni, proprietà, beni e servizi. Lavorare. Fare viaggi. Visitare nuovi mondi a portata di visore. Insomma, si potrà costruire una vita a propria misura.

Ma, se davvero ci darà tutte queste opportunità, ci darà anche altro? forse di più ambiguo?

Purtroppo sì, come ci spiega invece Giada Iodice, psicoterapeuta della Gestalt e Analisi Transazionale.

“Dal punto di vista psicologico – spiega Giada nel talk – il Metaverso ci potrà aiutare nel trattamento delle fobie o dei disturbi post-traumatici da stress. Se penso a come funzionano i neuroni specchio (la parte del cervello che si occupa del movimento) immagino ci sarà qualcosa di interessante nella riabilitazione fisica, perché attraverso la realtà 3D ci saranno delle forme di stimolazione e riabilitazione di tali aree cerebrali”.

“Però – continua – siccome la realtà è duale, l’essere umano è duale, e tutto è fatto di luce e ombra, ci saranno anche una serie d’insidie nel Metaverso (alcune che riscontriamo già oggi col mondo di internet). Infatti, c’è già una parte della comunità scientifica che parla di un suo potenziale distruttivo per la salute pubblica. Perché? Perché il Metaverso fa fuggire l’uomo dalla realtà, dalle difficoltà della vita. Con esso l’uomo non avrà più la voglia e l’abitudine di fare lo sforzo per conquistare le cose. Uno sforzo in realtà indispensabile perché è ciò che gli permette di creare quella abilità di conquistare da sé la propria vita e i propri sogni. Un’abilità che determina la capacità di adattamento, l’autostima e una serie di altre competenze indispensabili per vivere”.

L’uomo quindi sarà meno capace di gestire e tutelare la frustrazione, e ciò causerà azioni incontrollate e violente (omicidi, i femminicidi, le violenze fisiche e psicologiche e così via).

Sarà meno capace di creare tessuto sociale: la facilità di interazione e di trovare spazi protetti all’interno del digitale, daranno meno spinta di upgrade, meno spinta di andare a cercare fuori il proprio spazio e di creare fuori la socialità. Tutto ciò farà sì che l’uomo scomparirà all’interno del mondo che lui stesso ha creato.

Come ci difendiamo perciò da ciò, e come evitare di scomparire? 

Giada prova a dare una possibile e sincera risposta:

“Non lo so – risponde – non posso saperlo visto che il Metaverso è qualcosa ancora in divenire. Ma penso, in base ai miei studi e alla mia esperienza come psicoterapeuta, che la miglior difesa sia la consapevolezza.

Il sapere che questo mondo sta arrivando e che ne faremo parte ci permetterà di prepararci per sfruttare a nostro vantaggio le sue potenzialità, e allo stesso tempo rimanere con gli occhi aperti. Abbiamo la responsabilità di conoscere il mondo in cui viviamo, di conoscere i nostri e i suoi limiti, di proteggere i bambini e guidare gli adolescenti (ad esempio imponendo un tempo per usufruire delle tecnologie e un tempo invece per fare esperienze fuori). Ognuno di noi ha il dovere di stare attento, per non rischiare di diventare un fantasma. Potrà essere difficile, come lo è già oggi nel distaccarci dalle tecnologie, ma la consapevolezza e un autocontrollo sano potranno aiutarci a conservare la nostra umanità”.

In conclusione, ciò che emerge dalle parole dei nostri interlocutori e dallo scambio di opinioni che è avvenuto col pubblico durante il talk, è che certamente del Metaverso esisteranno sia aspetti positivi che negativi, ma che starà a ognuno di noi determinare la sua valenza nella nostra vita, scegliendo ogni giorno da che parte stare e quando e come usufruire di esso.

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Impact Hub Bari è parte di una rete internazionale di centri per l’innovazione sociale che si pone l’obiettivo di ispirare e sostenere il percorso di innovatori e imprenditori sociali che vogliono costruire un mondo radicalmente migliore. 

 

Cosa stiamo costruendo ad Impact Hub Bari con il nostro hosting team

Siamo prima di tutto una community. Il lavoro come Operation Host sará di accogliere i membri e gli ospiti esterni, cosí come faresti a casa tua, facendoli sentire accolti e speciali, di creare insieme a loro le condizioni per la collaborazione e anche di prenderti cura dello spazio di lavoro.

Chi cerchiamo:

Dettagli

Stage: Operation Host

Data inizio: Luglio 2021

Luogo dello stage: Impact Hub Bari

Etá massima: 30 anni

Per candidarsi inviare il proprio curriculum e lettera motivazionale a [email protected] con l’oggetto “Candidatura Stage Impact Hub Bari”.

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“L’efficacia della comunicazione sta nella risposta che ottieni” 

Questo è un presupposto della PNL e trovo personalmente che sia meraviglioso. Perché? 

Perché pone la totale responsabilità della comunicazione nelle mani di chi trasmette il messaggio. Questo vuole dire che, se l’interlocutore non riesce a capirci o reagisce in maniera diversa dalle nostre aspettative, significherà che abbiamo usato una modalità di comunicazione “diversamente  funzionale” con quell’interlocutore.

Quindi Lorenzo, mi stai dicendo che è responsabilità mia se l’interlocutore non mi capisce?

Assolutamente si! Permettimi di spiegarti il perché.

Le parole comunicano le nostre idee, le nostre emozioni, convinzioni, e tanto altro.

Il dizionario della lingua italiana conferisce  un significato oggettivo e preciso ad ogni singola parola. 

Ma allora come mai, nonostante tutta questa oggettività, otteniamo risultati diversi ogniqualvolta comunichiamo con persone diverse anche usando lo stesso linguaggio? 

È molto semplice: credere che ci sia una lingua comune è solo un’illusione, così come lo è credere che ci sia una realtà comune! 

Il linguaggio non dipende dal significato ma dipende soprattutto dal significante, cioè dalla soggettività di colui che parla. Ogni parola può avere un significato specifico sul vocabolario, ma questo non preclude che ognuno di noi possa avere un’ interpretazione completamente soggettiva di quel significato.

Facciamo una prova, così da spiegarvi nel dettaglio cosa intendo.

Provate a pensare ad un “albero”, prendetevi qualche secondo…fatto?

Ora, se fossi difronte a tutti voi, vi chiederei a quale albero avete pensato e potrei scommettere che ognuno di voi ha pensato ad un albero diverso. 

Come faccio a dirlo con certezza? 

Perché è uno degli esperimenti che propongo durante i miei corsi per far comprendere il potere straordinario delle parole. 

Ma cosa intendo, esattamente, per “albero diverso”?

Ve lo spiego tra poco.

Ogni qualvolta noi pronunciamo o ascoltiamo una parola, attribuiamo a quella parola una rappresentazione, soggettiva, specifica. Essa può assumere forme diverse a causa delle diverse influenze esterne o interne. 

Per esempio, potreste immaginare un albero specifico in base al territorio nel quale vivete e nel quale è molto diffuso; oppure, potreste immaginare l’albero che produce il vostro frutto preferito e così via. 

Mettiamo il caso che due di voi abbiano pensato allo stesso albero, ad esempio un bellissimo ciliegio. Se vi chiedessi di descrivermi ciò che immaginate, uno di voi potrebbe rappresentarlo in fiore mentre l’altro potrebbe rappresentarlo con rami spogli. Questo dettaglio potrebbe dipendere dal diverso stato emozionale vissuto dalle due persone, in quel momento. Curioso vero? Tutto questo è accaduto dicendovi solo la parola “albero”.

E se vi dicessi invece, “politica”?

Questo è un piccolo assaggio del potere delle parole. 

Ora, permettetemi di condividere con voi uno dei principi fondamentali della comunicazione per usare al meglio questo potere così da ottenere risultati concreti ed efficaci nel momento in cui comunicate con qualcuno. 

Il principio del “Rimprovera il fai e proteggi il sei”

Questa è una strategia comunicativa che funziona benissimo con i  bambini ma per pura curiosità l’ho applicata anche ai miei colleghi e clienti. Risultato? Un cambiamento comportamentale repentino nei miei confronti e soprattutto nel dialogo con se stessi. 

Per farvela capire al meglio vi farò un esempio.

Prendiamo l’affermazione: ” Sei uno stupido”! 

Secondo voi qual è la reazione emotiva e mentale che avrà la persona che riceverà questo messaggio? 

La psicologia afferma che c’è una buona probabilità che la persona giudicata, penserà di “essere” uno stupido e non di “aver fatto” lo stupido. La differenza? E’ enorme! Il verbo “essere” è identitario, si riferisce cioè direttamente alla nostra identità e quindi a ciò che “siamo veramente“. L’identità è qualcosa che viene percepita dal nostro cervello come difficilmente modificabile.

Immaginate anche che questa identità venga attribuita in maniera ripetuta, nel lungo periodo, da una persona per noi importante come un datore di lavoro che stimiamo, un genitore, un partner o un amico. 

Sapreste dirmi quale risonanza avrebbe per noi questo giudizio? Con una buonissima probabilità diverrebbe “vero”!

E invece non è così, possiamo dire che noi abbiamo solo “fatto gli stupidi” e non “siamo stati stupidi“, utilizzando il verbo “fare” al posto del verbo “essere“, svincoliamo l’accusa dall’identità, incolpando quella singola azione in quel momento, senza dare per scontato che si ripresenterà.

Quindi come poter comunicare al meglio in questi casi? 

Utilizzate sempre un giudizio sul comportamento attuato, preservando l’identità in forma positiva. Esempio:

“Sei una persona estremamente intelligente, come mai questa volta hai fatto questo errore?”.

Ricordate che parlare e comunicare sono due azioni diverse. 

Quando “parliamo soltanto”, stiamo solo dando aria ai nostri pensieri che potrebbero essere distorti, incompleti o generalizzati. Mentre quando “comunichiamo”, sappiamo esattamente quale risposta potremmo ottenere dal nostro interlocutore, ponendoci costantemente al di fuori di ogni logica prescrittiva, valutativa o giudicante. Le probabilità di avere una comunicazione efficace, aumentano significativamente perché ci stiamo assumendo la responsabilità di ogni parola che pronunciamo e della reazione che susciteremo.

Insomma possiamo dire che saper comunicare è un arte che ci permette di ottenere risultati concreti, efficaci ed estremamente produttivi, sia su gli altri che su noi stessi. Quindi ricorda sempre che:

L’efficacia della comunicazione sta nella risposta che ottieni”.

Carmen Pisanello, Member Host presso Impact Hub Bari, classe 1989 e appassionata di fumetti, è l’autrice dei testi di “Scrivere sui muri”, libro grafico illustrato dallo spagnolo Elìas Tano, già conosciuto nel settore per essere l’autore di copertine e grafiche di diverse riviste.

Il progetto di “Scrivere sui muri” parte dalla street art, l’arte di strada, oggi ancora confusa dai più solo come vandalismo, lontano quindi dal concetto stesso di arte e ancora di più da quello educativo.

Le motivazioni che spingono gli artisti urbani a rappresentarsi in questo percorso non canonico sono le più disparate: dalla critica verso la proprietà privata alla libertà di esprimersi senza vincoli.

“Non bisogna sottovalutare il potere della verità su un muro”.

Nel volume i due autori prendono avvio da questa idea portando l’attenzione del lettore/genitore su una nuova concezione dell’attività.

“Quando cammini per la tua città, guardati bene intorno” è il suggerimento che si legge nella sinossi del volume.

“Graffiti squillanti sui vagoni, murales dipinti sui palazzi, scritte sghembe sul cavalcavia […] I muri diventano pagine illustrate, ricche di colori e di vita, nel libro aperto delle città”.

Le città in “Scrivere sui muri” diventano tele bianche pronte per essere riempite di colore e creatività, ci ricordano di essere bambini e di meravigliarci quando siamo fermi nel traffico o al rientro da una pesante giornata di lavoro. La città non è più uno sfondo incolore che guardiamo distrattamente, ma ci fa sentire parte di qualcosa di più grande, rendendoci partecipi di messaggi spesso universali e di forte impatto – esempio tra tutti il famoso artista Bansky che riesce con pochi tocchi di vernice a farsi portavoce delle masse senza costrizioni.

“Scrivere sul muro è un po’ come gridare”.

I bambini hanno la capacità di cogliere la meraviglia, una capacità che tutti noi possediamo ma che diventa sempre più difficile tenere viva: Carmen Pisanello ed Elìas Tano ci invitano a non dimenticarlo e per farlo si rivolgono proprio a quella parte fanciullesca che risiede in noi, attraverso gli occhi pieni di stupore dei più piccoli.

La preoccupazione degli adulti”,  si legge in una pagina, “è quella di aver rovinato il muro”.

Scrivere sui muri spesso è proibito: oltre alla possibilità di essere multati si può incorrere nel rimprovero dei passanti perché il primo verbo che è sempre sulla bocca di tutti è “rovinare”.

Ma si tratta davvero di rovina quando siamo di fronte ad una forma di espressione?

Carmen ed Elìas invitano alla riflessione sulla differenza che intercorre tra cartelloni pubblicitari sparsi nella città a volte senza nessun controllo e questa forma di espressione.

Murales, graffiti, a cielo aperto queste opere sopravvivono ai loro creatori, destinate a far rimanere con il naso all’insù i passanti nel corso degli anni.

Il lavoro di Carmen Pisanello ed Elìas Tano è lodevole: in un percorso non sempre facile come quello dell’editoria indipendente (il volume è pubblicato dalla molto attiva casa editrice Momo Edizioni) queste opere fresche e alternative, dovrebbero essere conosciute e sfogliate da grandi e piccini.

Scritto da Sabrina Turturro.

 

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Candidatura Community Host

Il mercato è cambiato e noi consumatori richiediamo prodotti “ecosostenibili” senza aver realmente compreso il significato del termine, questo perché il consumo dei prodotti sostenibili sta diventando una moda.

Ecco che quindi le aziende per invogliarci ad acquistare i loro prodotti, ci confondono con etichette green e strategie di comunicazione al punto tale da farci pensare di aver acquistato prodotti eco-friendly anche quando non è così.

E’ vero che è un trend in crescita, ma la strada verso la sostenibilità è ancora molto lunga.

Non basta affermare «il mio prodotto è più verde» ma è necessario dimostrarlo, argomentarlo, inserire il messaggio in modo coerente nel sistema di valori e negli stili di vita dei consumatori per non cadere nel rischio di  greenwashing.

COSA E’ IL GREENWASHING?

 Il greenwashing è una strategia di marketing attraverso cui le aziende pubblicizzano solo gli aspetti più green dei loro business e dei loro prodotti tacendo, invece, su ciò che tanto verde non è.

Il “greenwashing” quindi è una pratica ingannevole, soprattutto in questo momento storico in cui vengono sostenuti i consumi sostenibili e la transizione verso l’economia circolare; iIl termine prende ispirazione da whitewash, che significa “imbiancare” che, nella sua accezione più ampia, vuol dire ‘nascondere’.

La parola Greenwashing  venne usata  per la prima volta nel 1986 da un ambientalista – Jay Westerveld – per smascherare i messaggi green delle catene alberghiere che invitavano i clienti a non sostituire gli asciugamani per ridurre il numero dei lavaggi e di conseguenza il consumo di risorse ambientali e l’impatto sull’inquinamento. In realtà si trattava soltanto di trovare una motivazione valida e meritevole di considerazione per risparmiare sulle bollette energetiche degli albergatori.

COSA FARE PER DIFENDERCI DAL GREENWASHING

Verificare le etichette e le certificazioni di prodotto.

Il mercato è cambiato e noi consumatori possiamo però difenderci da chi propone prodotti “green e sostenibili” in modo sleale,  verificando le etichette e le certificazioni applicate al prodotto. Quando un prodotto si definisce “eco-friendly” o “100% naturale” o “certificato naturale”, senza alcun sostegno documentale, ci troviamo davanti ad auto-dichiarazioni.

Nel food, dobbiamo prestare attenzione alla provenienza, alla qualità e alla sostenibilità dei prodotti alimentari. Esigere massima trasparenza sulle informazioni presenti sulle etichette, tenendo conto anche del benessere degli animali durante l’allevamento e il trasporto.

Nel fashion invece, il secondo settore più inquinante al mondo, ci sono delle certificazioni tessili che comprovano la qualità delle materie prime, la loro tracciabilità, l’impatto ambientale e il rispetto dei lavoratori. Inizialmente ci sembreranno difficili da riconoscere, ma poi impareremo a farlo, preferendo quindi quei capi realmente sostenibili.

La verifica delle etichette è una buona pratica che potremmo trovare difficoltà ad attuare nel caso di acquisti online, dove appunto il controllo è difficile o quasi impossibile, a meno che l’etichetta sia riprodotta integralmente in piattaforma. In aiuto è arrivata l’Unione Europea con l’annuale indagine sulle violazioni del diritto dei consumatori nei mercati online, condotta quest’anno sul greenwashing. I risultati dello screening, sono parecchio vicini all’inganno: nel 42% dei casi le autorità hanno avuto motivo di ritenere che l’affermazione green potesse essere falsa o ingannevole e potesse potenzialmente configurare una pratica commerciale sleale.

Farsi un’opinione sull’azienda.

Leggere e approfondire le politiche di sostenibilità ambientale e sociale del gruppo aziendale. Cercare informazioni su internet, leggere opinioni e news collegate per capire in base a quali parametri si definiscono “green”, quale sia l’impatto ambientale del prodotto nel suo processo di produzione e distribuzione. Non da ultimo, valutare quanto sia orientata l’azienda nell’impiego etico di forza lavoro.

Farsi un’opinione sulla comunicazione del brand

Considerare il taglio di comunicazione del brand e il visual utilizzato per promuovere la sostenibilità, diffidando da comunicazioni poco orientate all’intero sistema di produzione, ma impostate interamente su un unico  aspetto eco-friendly di un singolo prodotto o di una linea in edizione limitata, per es. una capsule collection.

 

“LESS IS MORE”

 Frastornati da una comunicazione martellante su quanto siano “sostenibili” tutti i prodotti attualmente in commercio, possiamo affermare che la situazione purtroppo è ben diversa in quanto è molto raro che, nel breve tempo, un’azienda che produce prodotti o fornisce servizi “ecosostenibili” abbia già osato il cambiamento, innovato la propria visione di economia, da lineare a circolare, modificato  modelli di business sul ciclo di vita del prodotto e la valorizzazione del suo fine vita, risposto alla risoluzione dei problemi della società in modo etico, inclusivo, ecologico e innovativo e  ampliato il concetto tradizionale di stakeholder, includendo anche il consumatore e  chiunque si senta più o meno “toccato” dall’attività aziendale, non solo per interessi o per geolocalizzazione.

Insomma, la strada è lunga… Quello che, nel breve periodo, noi consumatori possiamo certamente fare sono scelte di acquisto coerenti e consapevoli e soprattutto chiederci: “ne avrò realmente bisogno? Less is more!”

Mariangela Bonifazi