La cucina può rappresentare il cuore di una casa… o di uno spazio di coworking. A dimostrarcelo è Roberto Loiacono, chef innamorato del suo lavoro.

Se c’è una cosa che mette tutti d’accordo, almeno per noi italiani, è l’amore per il buon cibo. In Impact Hub Bari come molti già sanno, abbiamo una cucina che per noi non è un semplice spazio in cui condividere cibo o cucinare ma molto di più.

Anche Roberto Loiacono la pensa come noi! Roberto è un talentuoso Chef pugliese che ha tenuto nella nostra cucina, un fantastico cooking show!

Nella realizzazione del suo piatto (gustosissime orecchiette con crema di broccoli, con varianti vegane) e del suo spettacolo, Chef Roberto non solo ha portato in scena la sua simpatia e passione per quest’arte, ma ha anche messo in luce l’importanza di avere in un spazio di lavoro una cucina, un luogo in cui le persone si incontrano, conoscono e raccontano, creando sinergie.

Ma Roberto non è nato professionalmente chef, ad un certo punto della sua vita c’è stato un cambio di rotta. Per questo l’abbiamo invitato nel nostro coworking per uno show. Gli abbiamo chiesto di raccontarci la sua storia di cambiamento personale e professionale. Ecco l’intervista.

Molto piacere Chef. Raccontaci un po’ di te!

Il piacere è mio!

Io sono Roberto Loiacono, chef nel territorio pugliese (e non solo). Un po’ di anni fa ho fatto una scelta molto importante per la mia vita: lasciare il mestiere di avvocato per dedicarmi totalmente alla mia vera passione, la cucina.

Quindi, in precedenza facevi l’avvocato?

Sì. 

Ho lavorato per 26 anni come avvocato, anche per aziende molto grandi. Mi piaceva, ma col passare degli anni, forse anche dovuto al mio passato (provengo da una famiglia di grossisti alimentari), si è accesa in me la voglia di tornare nel settore alimentare. Nel 2014 mi sono rimesso a  studiare e ho preso il diploma alberghiero e il titolo da sommelier.  

Dopodiché, ho avuto un vero e proprio “rigurgito nel mio DNA” che mi ha fatto capire di voler diventare un cuoco a tutti gli effetti. E così, ho cominciato a cucinare mentre svolgevo ancora la mia professione da avvocato. Per un po’ di tempo ho affiancato le due cose. Poi ho capito che volevo dedicarmi a tempo pieno alla cucina e adesso sono al cento per cento Chef Roberto!

Ti trovi nel posto giusto allora: anche molti nostri hubbers hanno cambiato lavoro per inseguire la propria strada. Rispecchi a pieno lo spirito Impact Hub.

Ho fatto questa scelta perché cucinare è quello che mi piace fare. Mi piace creare con le mani e penso che Impact Hub sia il posto perfetto per dimostrarlo.

Quando sono venuto qui per la prima volta, mi ha colpito molto lo spazio. Ho subito percepito energia fra i vostri “corridoi”: È come se si sentissero le menti delle persone al lavoro, le menti che creano, esattamente come la mia.

La vostra zona food è perfetta. Rappresenta a pieno ciò che per me è la cucina.

Cos’è per te la cucina? 

Per me la cucina è tante cose, ma prima di tutto è l’essenza della socialità. 

E in questo Impact Hub Bari, la socialità è di casa.

Perché hai creato il tuo personal brand “Spadellarte”?

Ho creato la mia compagnia di food & beverage Spadellarte perché volevo (e voglio) portare alle persone la sensibilità, la cordialità e la tranquillità che ti dà un buon piatto ben servito.

Queste sono le caratteristiche fondamentali della cucina e dei miei piatti in particolare. 

Infatti tengo molti home restaurant, spettacoli culinari ed eventi artistici nei locali e nelle fiere di tutta Italia.

Voglio portare alla gente un momento di spensieratezza e di divertimento nelle loro vite. 

Quando li vedo farmi domande, sorridere e apprezzare i miei piatti, allora sono soddisfatto!

Bellissimo.

E il nome del tuo brand invece, come ti è venuto in mente?

Ho semplicemente unito in un’unica parola il verbo “spadellare” con ciò che rappresenta per me… ed è ecco “Spadellarte”!

Adesso questo brand è la desinenza che descrive perfettamente la mia vena artistica.

Quindi alla fine, possiamo dire che la cucina è passione, incontro, socialità, cordialità e in ultimo arte?

Oh, no.

La cucina è sì tutte queste cose, ma non è arte….bensì è Spadellarte!

Leadership Aziendale e Ruolo del Leader

La leadership aziendale consiste in un insieme di atteggiamenti messi in atto dal leader dell’impresa o dai responsabili dei team di lavoro, in grado di influenzare i comportamenti e i risultati dei propri collaboratori. Rappresenta un fattore critico per l’impresa, e può influenzare il raggiungimento degli obiettivi aziendali e dei team di lavoro. In questo articolo vedremo quanto è importante la leadership in azienda e quali sono i suoi benefici, focalizzandoci sulle diverse tipologie di leadership aziendale esistenti e la loro influenza sui collaboratori.

Cosa Vuol Dire Leadership Aziendale?

La leadership aziendale è un processo attraverso il quale un individuo, o leader è in grado di influenzare gli atteggiamenti, pensieri e comportamenti dei suoi collaboratori senza l’utilizzo di metodi coercitivi. Differenzia pertanto un leader dal semplice capo d’azienda, e pertanto ricopre un ruolo di estrema importanza all’interno dei team startup nel raggiungimento degli obiettivi comuni.

Definizione di Leadership Aziendale e Significato

Per comprendere il significato di leadership aziendale possiamo partire dalla sua etimologia. Il vocabolo appartiene alla lingua inglese e deriva dal verbo “to lead”; dal significato di “guidare”, “dirigere”, “condurre”. Da ciò possiamo facilmente definire il concetto di leadership aziendale come quell’insieme di atteggiamenti e comportamenti utili al leader di un team per condurre i suoi collaboratori al raggiungimento degli obiettivi di business prefissati. Una corretta comunicazione e l’utilizzo di atteggiamenti motivanti costituiscono alcuni degli elementi cardine che permettono di distinguere un leader da un capo d’azienda.

Leadership e Capacità di Lavorare in Team: Perché Sono Così Importanti nel 2022?

Ad oggi sappiamo che la leadership aziendale e la capacità di lavorare in team sono alcune delle soft skills più ricercate dai recruiter nel 2022. Il motivo è legato alla grande importanza che i team per startup ricompro all’interno di un ambiente altamente dinamico e in continuo divenire. I componenti del team dovranno collaborare insieme, spesso svolgendo mansioni che si discostano dal loro iniziale ruolo nell’impresa, per il raggiungimento di un obiettivo comune. Il leader del team ricopre un ruolo chiave nel raggiungimento del successo, facendo da collante tra le diverse personalità all’interno del gruppo e sfruttando i punti di forza di ogni componente per il raggiungimento degli obiettivi di business. Motivo per cui, avere un’ottima leadership e buone capacità di lavorare in team permetteranno al candidato di emergere agli occhi dei recruiter in cerca di una figura in grado di ricoprire il ruolo di leader d’azienda.

Importanza e Benefici della Leadership in Azienda

La leadership in azienda ricopre un ruolo di grande importanza in quanto rappresenta un’efficiente risorsa nel mantenere alta la produttività e nel risolvere problematiche scaturite dalla collaborazione tra i membri del team. Inoltre, la leadership di chi è al comando dell’impresa comporta alla stessa numerosi benefici come:

Caratteristiche di un Leader d’Azienda

Data l’importanza della leadership all’interno dell’impresa, è importante comprendere quali sono le caratteristiche che fanno di un individuo un buon leader aziendale. La loro comprensione è utile sia ai recruiter nell’individuazione di potenziali candidati a cui affidare la gestione di un team, sia ai candidati stessi, di modo da poterle acquisire e proporsi come figura di leader all’interno di un team startup.

Le principali caratteristiche di un leader d’azienda sono:

Stili di Leadership Aziendale

La leadership aziendale viene espressa in diversi modi all’interno dell’organizzazione, ed è possibile distinguere le diverse tipologie di leadership in base alla modalità con cui il leader d’azienda dirige il proprio team. Possiamo quindi distinguere le tipologie di leadership in:

Leadership Autoritaria

Colui che decide di optare per una leadership autoritaria, o assertiva, tende a imporre la propria idea pretendendo che i suoi collaboratori la seguano. Questa prima tipologia di leadership viene considerata poco efficace in quanto tende a discostarsi dai principi del buon condottiero, spesso rivelandosi fallimentare e controproducente. Il leader autoritario tende così; a generare malcontento tra i suoi collaboratori che influirà; in maniera negativa sulla coesione del gruppo.

Leadership Democratica

Il leader democratico, al contrario del precedente, è più predisposto a far partecipare i suoi collaboratori nel processo decisionale. Stimola la condivisione di idee e la collaborazione tra i membri del team per il raggiungimento dell’;obiettivo condiviso.

Leadership Autonoma

La leadership autonoma sprona l’indipendenza dei singoli collaboratori affidando loro precisi compiti da poter svolgere in autonomia, secondo le loro qualità; e punti di forza, lasciando pieni poteri nel raggiungimenti degli obiettivi individuali assegnati. Viene spesso utilizzata dai leader come metodo per spronare la creatività e le doti dei singoli membri del team.

Differenze tra Capo e Leader

Abbiamo giù accennato ad una netta distinzione tra le figure di leader e capo d’azienda, fin troppe volte confuse tra loro. Come abbiamo visto, il leader d’azienda è colui che ha come scopo principale il raggiungimento degli obiettivi e non la devozione dei suoi collaboratori. Si preoccupa di valorizzare ogni singolo membro del team secondo quelli che sono i loro punti di forza, stimolando la collaborazione, inclusione nei processi decisionali e l’ideazione di soluzioni creative e fuori dagli schemi. Antepone il raggiungimento degli obiettivi di gruppo a discapito degli obiettivi individuali e si preoccupa di stimolare la crescita di ogni membro del team. Al contrario, il capo è colui che tende a trattare i membri dell’organizzazione come sottoposti e non come collaboratori. Utilizza la propria posizione lavorativa e l’esperienza maturata come giustificazione alle decisioni prese in totale autonomia, pretendendo una piena adesione dei membri del team. Non si preoccupa di coltivare la collaborazione e la comunicazione con i componenti del gruppo ma si limita ad assegnare compiti da svolgere. Tutti questi comportamenti inficeranno in maniera negativa sullo stato emotivo del team e sui loro risultati, dovuti ad azioni e atteggiamenti controproducenti, generando malessere e malcontento tra i membri del gruppo di lavoro.

Leader Transazionale e Leader Trasformazionale

Quando parliamo di leadership aziendale è bene porre l’accento su un’ulteriore distinzione tra le tipologie di leader che possiamo trovare:

Il leader transazionale è colui che, incaricato dall’azienda, ha il compito di guidare e motivare i dipendenti del team. Rappresenta un ponte tra l’azienda e i suoi dipendenti, ne osserva il lavoro da vicino e viene retribuito per svolgere queste particolari mansioni. Il leader trasformazionale, invece, ha una dote naturale nel trasmettere fiducia e sensazioni positive ai collaboratori. Svolge le medesime funzioni del leader transazionale, senza che venga assunto e pagato specificatamente per questo, ma lo fa essendo parte della sua natura. Risulta pertanto una figura più rara da trovare, che tuttavia può portare a risultati più immediati ed efficienti.

Come Stimolare la Leadership in Azienda

Come si è visto, la leadership ricopre un ruolo di grande importanza nell’azienda, motivo per cui è bene comprendere come questa possa essere stimolata all’interno dell’organizzazione. Le attività più utilizzate per stimolare la leadership all’interno di un’organizzazione sono rappresentate dalle attività di team building. Queste sono un complesso di attività formative che, mediante l’utilizzo di una serie di dinamiche diverse, hanno l’obiettivo di accrescere le competenze e le capacità dei membri del team. Queste possono riguardare giochi di squadra, esperienze e sfide in contesti diversi da quelli quotidiani, giochi di ruolo e molte altre attività finalizzate a stimolare la creatività, la cooperazione e la capacità di problem solving.

Articolo di Daniele Pignone

Quali Sono le Competenze Trasferibili più Richieste nel 2022

Con competenze trasferibili si è soliti indicare abilità e competenze utilizzabili in diversi lavori e in ambiti differenti. Rappresentano qualità utili a chi desidera cambiare spesso occupazione per cercare nuovi stimoli professionali. In questo articolo definiremo le competenze trasferibili, perché sono importanti e come valorizzarle in sede di colloquio.

Competenze Trasferibili: Cosa Sono

Le competenze trasferibili, conosciute anche come transferable skills o meta-competenze rappresentano un complesso di abilità e capacità che trovano la loro applicabilità in svariati macro contesti e in ambienti lavorativi differenti. Queste, essendo un insieme di abilità intellettive, cognitive e pratiche, permettono al candidato di adattarsi facilmente alle diverse richieste del mercato e partecipare alla selezione per diverse figure lavorative.

Importanza delle Competenze Trasferibili

I motivi per cui è importante possedere competenze trasferibili sono molteplici. Basti pensare alla dinamicità che caratterizza l’ambiente lavorativo odierno, dove sono sempre più i lavoratori che desiderano cambiare la propria posizione lavorativa. A tal proposito sarà importante avere competenze, la cui applicabilità possa essere trasferita e traslata in settori differenti. Gli stessi datori di lavoro tendono a preferire candidati che dimostrano ottime capacità di adattamento alle diverse situazioni lavorative, in particolare i founder di startup, realtà dove spesso si è soliti svolgere mansioni non propriamente legate all’iniziale ruolo nell’impresa innovativa. Inoltre, il possesso di ottime capacità trasferibili rappresenta un valido indicatore dell’efficacia con cui è possibile adattarsi alle diverse mansioni di un leader e di un collaboratore del team startup.

Quali sono le Competenze trasferibili: Esempi

Comprendere quali possano essere le competenze trasferibili attraverso degli esempi pratici potrebbe aiutare il candidato nella compilazione del CV ed in fase di colloquio. Tendenzialmente le hard skills, o competenze tecniche, riguardano abilità utilizzabili in specifiche professioni, mentre è più facile trovare soft skills o competenze trasversali, che siano facilmente trasferibili e utilizzabili in diversi settori lavorativi. Tra gli esempi di competenze trasferibili che possiamo menzionare troviamo:

Altre abilità o competenze trasferibili possono essere:

Capacità Trasferibili nel CV

Come accennato, una delle motivazioni che rendono le competenze trasferibili di grande importanza è la possibilità di poterle inserire all’interno del CV per dimostrare le proprie abilità nel ricoprire un determinato ruolo. A questo punto si dovrebbe cercare di dare il maggior risalto possibile alle abilità in possesso cercando non solo di inserirle all’interno del curriculum in modo sterile, ma argomentandole con pratici esempi. Se invece si preferisce non occupare ulteriore spazio all’interno del CV, è bene preparare comunque degli esempi efficaci da tenere a mente, in quanto potrebbero essere utili in fase di colloquio. In alternativa, anche la lettera motivazionale può essere un ottimo modo per evidenziare le proprie competenze in fase di candidatura.

Competenze Trasferibili nel Colloquio

Come accennato, in fase di colloquio sarà importante dimostrare al recruiter le proprie competenze trasferibili con dei pratici esempi. Questi possono riguardare il modo con cui si è affrontato una particolare situazione, o problema oppure in che modo queste sono state utili nelle precedenti mansioni lavorative. Pertanto è bene ricordare che il semplice elenco all’interno del CV non servirà a nulla se durante il colloquio non si darà; la dimostrazione di avere le capacità trasferibili elencante e di saperle utilizzare in maniera efficiente nei diversi contesti in cui si potrebbe essere coinvolti.

Come Coltivare le Competenze Trasferibili

Per coltivare le competenze trasferibili si potrebbe cominciare dal definire quali sono le capacità più richieste e quelle più in possesso. Una volta stilato l’elenco bisognerà definire quelle che andrebbero migliorate e quelle da acquisire perché mancanti e molto richieste dal mercato del lavoro. Il passo successivo sarà capire come poterle coltivare. Immaginando che la maggior parte di queste sono soft skills, competenze non acquisibili con la frequentazione di corsi, scuole, o con il possesso di attestati e certificazioni, si potranno acquisire solo con l’esperienza e il vissuto. Si raccomanda quindi di partecipare a teamwork e seminari, ampliare il proprio network di conoscenze e di uscire dalla propria bolla o routine.

Competenze Trasferibili e Lavoro

In conclusione, è bene ricordare come le competenze trasferibili ricoprano una grande importanza all’interno del mondo del lavoro, specie quello degli ultimi anni, caratterizzato da una tale dinamicità e continua evoluzione. Per rimanere competitivi sarà quindi preferibile avere una conoscenza complessiva di diverse abilità in modo da poter cambiare carriera lavorativa qualora ce ne fosse la necessità. Discorso simile si potrebbe fare per chi è in cerca della sua prima occupazione. Aver sviluppato nel corso del tempo un buon numero di competenze trasferibili sarà di grande aiuto, per il semplice fatto che si potrebbe risultare idonei ad un numero maggiore di annunci di lavoro in ruoli e settori differenti tra loro.

Articolo di Daniele Pignone

Quali Sono i Vantaggi nel Lavorare in Team

La capacità di lavorare in team tra le soft skills, o competenze trasversali, più richieste dai recruiter in fase di colloquio. Possedere competenze di team working garantisce degli enormi vantaggi sia per l’impresa che per i singoli membri del team. Motivo per cui, in questo articolo, vogliamo definire le caratteristiche utili per lavorare in gruppo e alcune regole e consigli utili per migliorare le capacità di lavorare in team.

Cosa Significa Lavorare in Team

Con il saper lavorare in team si intende l’insieme di capacità che consentono alla persona di lavorare sinergicamente e collaborare con gli altri componenti del gruppo per raggiungere un obiettivo comune. Rappresenta una delle soft skills più richieste dai recruiter e dagli startupper in cerca di collaboratori per il proprio team e che vogliono operare in un ambiente lavorativo dinamico dove il singolo componente potrebbe essere coinvolto in attività che si discostano dal suo iniziale ruolo nell’impresa.

Importanza delle Soft Skills

Come già accennato, il saper lavorare in team rappresenta una delle soft skills più importanti e richieste dai recruiter. Dato l’ambiente lavorativo delle startup, altamente dinamico e in continua evoluzione, è importante possedere competenze trasversali che permettano di poter fronteggiare le sfide quotidiane nel migliore dei modi. Inoltre, data la natura organica tendenzialmente contenuta delle startup, la capacità di lavorare in team rappresenta una delle soft skills che si deve necessariamente avere nel proprio CV per emergere nella mole di candidature che ogni recruiter o startupper riceverà.

Importanza del Lavoro di Gruppo

La capacità di lavorare in gruppo riveste una grande importanza all’interno del team startup. Il riuscire ad organizzare un ottimo lavoro di squadra permette al team leader o startupper, di poter meglio canalizzare le attività e ambire a obiettivi più grandi e contribuire alla crescita personale di ogni membro. Costruire un gruppo composto da elementi che posseggono ottime capacità di lavoro in team facilita la valorizzazione di ogni singolo membro, il quale potrà utilizzare i propri punti di forza per contribuire al raggiungimento dell’obiettivo comune. Solo se si hanno ottime capacità di lavorare in gruppo si riuscirà ad anteporre l’interesse dell’intero team agli obiettivi dei singoli membri. Ragion per cui, la capacità di lavorare in team è una delle competenze che si deve necessariamente avere per poter lavorare nel mondo delle startup.

Caratteristiche Utili per Lavorare in Team

Affinché il team startup possa esprimere al massimo il suo potenziale e raggiungere gli obiettivi prefissati, sarà necessario che questo sia composto da collaboratori che abbiano precise caratteristiche utili per lavorare in team. Conoscere quali sono queste caratteristiche è fondamentale per il recruiter, che avrà il compito di individuare i membri che lavoreranno nel team e che posseggono le caratteristiche che vedremo, e per colei o colui che vorrebbe lavorare nel team per startup e pertanto deve coltivare e dimostrare di avere le capacità richieste. Tra le caratteristiche utili per lavorare in team troviamo:

Regole e Consigli per Lavorare in Team

Lavorare in un team per startup non è semplice: dato il fine ultimo della collaborazione tra i membri del gruppo, è importante che ci sia sinergia tra i componenti per il raggiungimento dell’obiettivo comune. La collaborazione tra i membri e il raggiungimento degli obiettivi sono i due elementi principali che determinano il successo del team startup. Ragion per cui, per lavorare in un team è bene che ci siano delle regole che permettano alle diverse personalità che lo compongono di non prevaricare sulle altre nel rispetto comune. Alcuni dei consigli e delle regole utili per lavorare in team sono:

Avere Ottime Abilità Comunicative

Possedere buone capacità comunicative potrebbe sembrare ai più un requisito base e altrettanto scontato per lavorare in un team, tuttavia non è sempre così. Vi è infatti una sostanziale differenza tra il semplice comunicare e il comunicare con efficienza. Spesso vi è la tendenza a dare per scontati alcuni ragionamenti e motivazioni, presumendo che l’interlocutore ne sia già a conoscenza. Una credenza errata che potrebbe portare a fraintendimenti all’interno del team e a complicazioni che potrebbero minare la buona riuscita del lavoro di gruppo. A tal proposito è sempre consigliato dedicare il giusto tempo per far comprendere all’interlocutore le motivazioni e i ragionamenti che hanno portato ad una determinata decisione.

Essere Predisposti all’ascolto

Per lavorare in un team le abilità comunicative non sono sufficienti se tutti i membri non sono disposti ad ascoltare le opinioni altrui. Inoltre, ottime capacità di ascolto possono contribuire a rafforzare il legame tra gli appartenenti del gruppo. A tal proposito è bene ricordare che non si tratta solo di ascoltare idee e opinioni riguardo il lavoro del team, ma anche eventuali problemi personali ed emotivi, che potrebbe aumentare la coesione e il coinvolgimento di tutti i membri.

Condividere con Tutti i Membri le Proprie Idee

Durante le attività di team è importante condividere le proprie idee anche se queste potrebbero sembrare irrealizzabili. D’altronde i brainstorming hanno l’obiettivo di generare spunti interessanti da cui possono nascere nuove idee subito applicabili al progetto su cui si lavora e idee che, anche se inizialmente considerate “bizzarre” possono portare a strade alternative e interessanti se condivise con gli altri membri del team che potrebbero collaborare nel dare una forma concreta alle prime ipotesi.

Essere Disposti ad Adattarsi

La capacità di adattarsi rappresenta una delle caratteristiche essenziali per poter lavorare in team. Ci si dovrà confrontare con persone diverse da noi e che potrebbero avere modi di pensare opposti al nostro. Non per questo uno scambio di opinioni dovrebbe portare a risultati negativi, anzi, spesso confrontarsi con chi ragiona in modo differente potrebbe fornirci nuovi spunti di riflessione per un problema.

Avere un Coinvolgimento Attivo

Con coinvolgimento attivo si intende spronare gli appartenenti al team come parte integrante del progetto a cui stanno lavorando. Questo dovrebbe rappresentare uno stimolo non indifferente e aumentare la consapevolezza del contributo apportato per il raggiungimento degli obiettivi comuni.

Lavorare con Impegno per Raggiungere l’Obiettivo

Sembra scontato e banale ma è bene ricordare che tutti i membri del team dovrebbero impegnarsi al massimo nel lavoro svolto e sentirsi responsabili di ogni piccola operazione. Non deve assolutamente passare l’idea che gli errori commessi per il poco impegno possano essere coperti dagli sforzi del resto dei componenti del team.

Avere Buone Capacità di Problem Solving

Le capacità di problem solving sono tra le più richieste per la formazione del team startup. In un ambiente così dinamico i problemi potrebbero essere all’ordine del giorno, pertanto poter contare su elementi che posseggono ottime capacità di problem solving potrebbe essere un grande vantaggio per l’intero team.

Vantaggi del Lavorare in Team

Come accennato, il lavorare in team porta numerosi vantaggi sia all’impresa che ai singoli membri del gruppo, motivo per cui sono sempre più le aziende e i recruiter che ricercano profili professionali che abbiano tra le loro competenze buone capacità di lavorare in team.

Vantaggi per l’Impresa

La tendenza delle imprese a costruire dei team all’interno del loro organico per il raggiungimento di determinati obiettivi è in continua crescita. Il motivo risiede nei numerosi vantaggi che hanno riscontrato adottando questa particolare modalità di lavoro per determinati progetti. Tra i principali vantaggi del lavorare in team troviamo:

Vantaggi per i Singoli Membri

Così come il lavorare in team porta a dei vantaggi per l’impresa, allo stesso modo ci sono dei vantaggi tangibili per i singoli membri del team. Questo anche grazie alla possibilità di venire a contatto con diverse figure professionali con specifiche abilità e competenze che permettono al dipendente di uscire dalla propria bolla e confrontarsi con personalità differenti. Tra i principali vantaggi troviamo:

Ruolo del Team Leader

Ogni team di lavoro deve essere gestito da un leader che sia in grado di motivare e coinvolgere tutti i membri in modo da consentire il raggiungimento degli obiettivi di gruppo. Il ruolo del team leader non si ferma qui e infatti questi ha l’arduo compito di assicurare un’armonia di gruppo tale da favorire la collaborazione anche tra collaboratori con personalità completamente diverse. Deve inoltre fornire obiettivi chiari e istruzioni precise sullo svolgimento, deve assicurarsi che le mansioni assegnate siano in linea con le competenze possedute dai collaboratori del team e avere ottime capacità di delega. Attraverso la delega può rendere responsabili e consapevoli i membri del gruppo rispetto alle loro capacità permettendogli di acquisire consapevolezza dei propri mezzi e sicurezza nello svolgere le attività. Dovrebbe anche incentivare lo sviluppo delle capacità dei singoli membri dei singoli membri, attivando una sorta di coaching nei loro confronti ed individuando le loro potenzialità. Un buon leader di team deve infine riuscire a motivare i suoi collaboratori facendoli sentire parte attiva di un progetto comune e non solo come meri esecutori di ordini.

Team e Gruppo di Lavoro: Differenze

Non sempre sono chiare le differenze che ci sono tra un team di lavoro e un gruppo di lavoro. Anche se possono sembrare due concetti molto simili, tanto da essere utilizzati come sinonimi, in realtà presentano differenze sostanziali. La più importante è contenuta nella definizione di team di lavoro. Come già accennato, un team è contraddistinto dal raggiungimento di un obiettivo comune raggiungibile attraverso la collaborazione tra i suoi membri. Invece, nel gruppo di lavoro la collaborazione tra i componenti non è così importante e il lavoro di ogni singolo membro acquisisce un’importanza maggiore.

Come Inserire le Capacità di Lavoro in Team nel CV

Come si è visto la capacità di lavorare in team rappresenta una delle competenze trasversali più richieste dai recruiter e le ragioni sono state esaminate all’interno di questo articolo. Di conseguenza, è bene inserire questa particolare soft skill all’interno del CV per avere la possibilità di emergere rispetto agli altri candidati. Ma come poterla inserire? Essendo una competenza trasversale, si è soliti inserirla in una sezione dedicata all’interno del curriculum in cui raccogliere e menzionare tutte le soft skills in possesso. Tuttavia, è bene ricordare che questo non basta a dimostrarne il reale possesso agli occhi dei recruiter, il quale durante il colloquio potrebbe manifestare delle perplessità. Sarà compito del candidato dimostrare, attraverso pratici esempi su come si ha avuto la possibilità di sviluppare la capacità di lavorare in team o quando si ha avuto la possibilità di utilizzarla nella precedente occupazione.

Articolo di Daniele Pignone

Giovedì 28 aprile apriamo il dibattito sul tema del Metaverso, analizzandone le opportunità e le risorse, ma anche i rischi e gli aspetti ambigui che può comportare per gli esseri umani.

Il mondo sta evolvendo a una velocità che non è più quella legata ai ritmi dell’uomo ma è imprescindibilmente ancorata ai ritmi di crescita della tecnologia. Mondi virtuali, realtà aumentata, cryptovalute, nft… . Sono 350 milioni le persone che già abitano il Metaverso, 43 i mondi digitali attualmente esistenti.

Di questo universo ai confini con la realtà ne discuteremo nel talk gratuito di giovedì 28 aprile presso Spazio Murat, ore 18:00.

Una visione futuristica del mondo, che guarderemo con sguardo etico e virtuoso, analizzandone i pericoli e i benefici che essa comporta.

Chi saranno gli speaker che discuteranno con noi questo tema?

Giada Iodice, psicoterapeuta della Gestalt e Analisi Transazionale (formazione IGAT, Napoli), psicoterapeuta della coppia e della famiglia (formazione IGP, Arnesano), costellatrice Familiare.
Lavora nel campo delle Costellazioni dal 2009 quando ha conosciuto questo metodo per caso, grazie alla sua maestra e amica, la dott.ssa Sujey Aleman. Grazie alle Costellazioni Familiari ha potuto fare luce su molti aspetti della sua vita e ha deciso di trasformarlo nel suo lavoro.
Contemporaneamente all’università ha seguito una formazione biennale in Costellazioni Familiari e successivamente ha vissuto per un periodo in Messico dove ha approfondito il lavoro di Terapia Individuale con figure, il lavoro con i gruppi, la terapia della Seconda Nascita e la Terapia di Coppia.
Attualmente lavora come libera professionista conducendo terapie individuali, di gruppo, di coppia e di famiglia. Come consulente esterna, si occupa di supervisione e formazione di gruppi in ambito lavorativo.

Sergio Giorgio, esperto di progettazione e sviluppo di sistemi informatici, realtà virtuale, realtà aumentata, intelligenza artificiale e innovazione tecnologica. Dopo aver conseguito la Laurea in scienze dell’informazione presso l’Università degli Studi di Bari, lavora per oltre un decennio come consulente presso la multinazionale “Alstom Ferroviaria” nella progettazione e sviluppo di sistemi ferroviari e sistemi embedded nell’ambito della sicurezza e dell’informazione al pubblico.
Successivamente segue una carriera professionale autonoma lavorando come freelance e collaborando con successo ad un progetto “Horizon 2020” della comunità europea.
Nel 2016 diventa CTO di Mindesk, startup Italo-Americana legata alla realtà virtuale, e sviluppa da solo il primo prototipo; riuscendo a ottenere investimenti istituzionali e privati. Successivamente all’acquisizione della startup da parte di una multinazionale italo australiana, si dimette e intraprende una nuova avventura con la startup Endymion, legata al mondo della realtà aumentata e all’innovazione tecnologica.

Con l’obiettivo di iniziare una discussione sana e consapevole, vi aspettiamo in numerosi!
Per partecipare al talk gratuito segui l’evento Facebook e iscriviti a questo link: https://bit.ly/36DHeL8 .

Gli hubbers di Impact Hub Bari raccontano la loro sul tornare nello spazio coworking dopo aver lavorato fuori dai confini italiani. Il risultato è una maggior carica nel lavoro e più voglia di stare in comunità.

Capita spesso per i lavoratori e gli studenti italiani di trascorrere degli anni all’estero per imparare la lingua o per trovare la propria strada. Scelta più che giusta se si vuole crescere professionalmente e/o provare a vivere la quotidianità lontano dalle proprie radici.

Così è stato per molti hubbers presenti in Impact Hub Bari, che per studio o per lavoro, si sono trasferiti fuori dai confini italiani. Trasferimento che gli ha permesso di conoscere nuove realtà, di lavorare a stretto contatto con la propria azienda, e di acquisire competenze personali e professionali che non avrebbero ottenuto in altra maniera.

Eppure, raccontano gli hubbers, arrivati a un certo punto della loro permanenza all’estero, hanno riscontrato la necessità di tornare “a casa” e di lavorare in maniera differente da come erano soliti fare, ovvero senza troppi vincoli e in un ambiente più caloroso e amichevole.

“Sono rientrata in Italia durante la seconda ondata di pandemia. Sono rientrata per il Covid sì, ma anche e soprattutto perché stanca di andare ogni giorno in ufficio e timbrare il cartellino. Avendo una figlia avevo bisogno di meno costrizioni di orari e di più libertà” – ha raccontato Roberta De Palma, hubber di Hub Bari dal 2015, che nel 2017 ha dovuto trasferirsi a Vienna per continuare il suo mestiere presso UNIDO (United Nations Industrial Development Organization), realtà che si occupa di stipulare programmi di green economy per le aziende del Medio Oriente.

“Ho lavorato a Vienna per 3 anni e mezzo e poi sono tornata a Bari. Una volta qui ho cercato un posto adatto a me per lavorare. Dopo essermi guardata un po’ attorno e avendo visitato altri spazi coworking, alla fine ho scelto di tornare in Hub: l’ambiente qui lo trovo estremamente positivo. Non è il classico ufficio grigio, e mi piace molto l’idea di avere uno spazio condiviso con altri lavoratori, dove è possibile parlare, interagire e creare (volendo) altre collaborazioni”.

È più o meno la stessa esperienza che racconta Ivana Calciano, traduttrice di testi inglesi in ambito marketing commerciale.

Ivana, originaria di Matera, racconta di essere stata, per più di 13 anni fra studio e lavoro, in diverse parti d’Europa, e di esser tornata in Italia con l’intenzione di provare a discostarsi un po’ dal suo mestiere e conoscere altre realtà: “Volevo stare a contatto con realtà sul territorio che fossero più giovanili e che mi permettessero di interagire con delle startup. Alla fine ho trovato Impact Hub Bari. Venire in questo spazio coworking mi motiva. Mi piace il movimento di gente che c’è, e apprezzo il lavoro che si fa per mettere in contatto fra loro le persone. È quello che stavo cercando”.

Dello stesso avviso è Gianluca Ameruoso, ingegnere informatico e programmatore di piattaforme Big Data per Infinite Lambda, hubber dal 2021: “Entrato in questa società di consulenza, la quale modalità lavorativa è completamente da remoto, ero convinto che lavorare da casa sarebbe stato il massimo; ma dopo due anni mi sono ricreduto. Mi piace stare in Hub e non tornerei indietro. Adoro il fatto di stare in uno spazio di coworking e l’idea di poter parlare con persone che fanno cose completamente diverse dalle mie. In Hub ho davvero trovato l’ambiente che cercavo”. “Inoltre – racconta Gianluca – ho visitato altri Hub presenti in Italia e all’estero ma, se magari possono essere più strutturati, non hanno la stessa espansività del sud e quella voglia di giusto svago a cui sono caro e a cui volevo tornare. Alla fine ho scelto Hub Bari anche per questo, se no me ne sarei andato a Milano!” 

In definitiva, gli hubbers di Impact Hub Bari affermano e testimoniano come il coworking, per la sua flessibilità, sia la soluzione ideale alle loro esigenze; e come lo stare in uno spazio dinamico e attivo, in confronto a un ufficio in casa o in azienda, aiuti a produrre un maggior e miglior profitto. Il giusto equilibrio fra lavoro e socialità permette inoltre di rimettersi a lavoro con più carica, e fa crescere la voglia di voler far parte di un gruppo, di una comunità“.

Gli hubbers sono la dimostrazione che il co-working aiuti effettivamente  a conoscere persone/realtà differenti e a fare rete; a scambiare idee ed opinioni (magari anche fuori dagli orari lavorativi) e a creare così collaborazioni, permettendo la crescita personale e professionale.

E tu, che ne pensi del coworking?

Se fai parte di uno spazio collaborativo, magari di un Impact Hub, dicci la tua. Se invece non hai mai provato questa esperienza, allora contattaci per far parte della nostra community!

Impact Hub Bari è sempre pronto ad accogliere nuovi membri come te.

Ti aspettiamo!

Secondo il Mckinsey Global Institute, la diversità di genere migliora il 15% le performance aziendali e per ogni aumento del 10% tra gli executive, l’azienda ottiene un aumento del reddito operativo fino all’8%

Negli ultimi dieci anni il dibattito sulla diversità e l’inclusione all’interno dei board è andato intensificandosi sempre di più.

Tra chi ha abbracciato la causa per una questione di immagine e chi invece si pone in maniera attiva nella creazione di politiche aziendali a favore dell’inclusività delle donne, è innegabile che avere una rappresentanza femminile elevata porti numerosi vantaggi, prima di tutto a livello economico.

L’impatto delle donne nei board

La domanda che ci si pone a gran voce è: perché è importante avere donne nel board di un’azienda e come impatta questa presenza a livello di ritorno economico?

Prima di tutto, è necessario partire da un assunto fondamentale: la diversità e l’inclusione generano vantaggio a tutti i livelli.

Numerosi studi dimostrano che avere dei team eterogenei permette di aumentare la capacità di innovazione e di problem solving in maniera esponenziale, il che si applica benissimo ai team operativi, dal marketing al product development.

Infatti, la diversity all’interno di gruppi di lavoro permette di affrontare una questione o un problema da diversi punti di vista, trovando soluzioni nuove e creative che, in alternativa, sarebbero difficili anche solo da immaginare; proprio perché, una sola persona o un gruppo omogeneo di persone, sono limitate dal loro proprio vissuto e dalla loro sola esperienza.

Inoltre, secondo i risultati ottenuti dal Diversity Brand Index (o anche detto DBI), nel 2019, 3 consumatori su 4 affermano di essere più sensibili al messaggio inclusivo dei brand: il 51% sceglie con convinzione brand inclusivi e il 23% preferisce i brand che investono sulla D&I. Quindi, l’impatto della diversity in azienda incide anche sulle vendite, migliorando i KPI economici.

Perciò promuovere temi di inclusione e diversità in azienda è un grandissimo vantaggio competitivo per le imprese, il che genera:

Non solo equità, ma valore economico

È importante affrontare la parità di genere all’interno dei management delle imprese anche dal punto di vista economico, per dimostrare che l’inclusione e la diversità non sono solo temi di equità, ma anche di business

Parlando di indicatori economici, infatti, uno studio effettuato dai ricercatori della Bocconi e della Consob, ha evidenziato che molti KPI aumentano quando la composizione del board vede almeno il 30% di donne.

In particolare, l’esperimento ha mostrato che:

Che dire, sono delle belle percentuali, vero? Il bello è che più aumentiamo la percentuale di donne nei board, più questi numeri tendono a crescere!

La crescita in termini di awareness e fatturato

Dimostrarsi un’azienda attenta e attiva nell’abbracciare politiche di inclusione e diversità, non è solo importante a livello decisionale e di operations interne.

Riuscire a comunicare in modo efficace tutti gli sforzi e le attività che l’azienda pone in essere per favorire D&I (diversity and inclusion), avvicina le persone e aiuta i consumatori a:

Infatti, le aziende che davvero si sono impegnate nel favorire l’inclusione nelle più alte sfere aziendali hanno registrato un +23% del fatturato nel 2020 rispetto all’anno precedente.

Oltre le quote rosa!

Tuttə abbiamo sentito parlare almeno una volta delle quote rosa, vero?

Istituite nel 2011 per garantire la parità di genere, permette che, nei CDA delle aziende quotate e nelle partecipate pubbliche, almeno il 40% del personale sia di sesso femminile.

Le quote rosa sono state un’importante rivoluzione perché hanno obbligato aziende e organi pubblici a garantire la presenza delle donne.

Tuttavia, questo provvedimento non è sufficiente per assicurare la diversity e la rappresentanza femminile all’interno di gruppi decisionali. Per due motivi: il primo, sminuisce la professionalità della donna, perché fa passare il concetto che sia stata scelta solo per il suo genere; secondo, perché inserire un numero di donne all’interno di un team non significa che esse siano realmente incluse nei processi decisionali.

Perciò molte donne odiano le quote rosa e vorrebbero, invece, che la loro figura venga riconsiderata sotto una chiave diversa: quella della professionalità.

Non perché le donne siano più in gamba degli uomini, bensì perché sono diverse da loro ed è dalla diversità che nasce quell’innovazione e quella creatività che fanno crescere davvero le imprese.

L’inclusione non soltanto dal punto di vista delle donne

Fino ad ora abbiamo parlato di D&I concentrandoci sul tema del geneder balance.

Ma quando parliamo di inclusione e diversità ci riferiamo anche ad altre categorie di persone, dette “minoranze”, come:

Inclusione significa tutto questo. Significa dare la possibilità a qualsiasi essere umano, – perché è di questo che si tratta, di umani – di dare il proprio unico contributo e realizzarsi come persona all’interno di un sistema sociale (sia esso sessuale, identitario, sociale, economico, professionale).

Ogni persona è unica, con un proprio vissuto, una propria storia e sono le storie di ciascuno di noi a far progredire l’umanità e, in essa, le imprese.

Per questo noi dell’Associazione Puglia Women Lead ci impegniamo a promuovere e creare programmi formativi destinati prima di tutto alle donne, alle aziende, ma senza dimenticare che parità di genere, significa davvero tanto di più.

Se questo articolo ti è piaciuto seguici sui nostri canali social e scopri tutte le iniziative a cui puoi prendere parte per cambiare l’ecosistema insieme a noi!

Ti aspettiamo a braccia aperte 😉

Articolo di Gloria Elicio.

Stage in Impact Hub Bari

Impact Hub Bari é uno spazio di coworking per imprenditori e liberi professionisti che scelgono di lavorare in uno spazio bello, innovativo e dinamico. Impact Hub Bari é anche uno spazio per eventi, un luogo in cui networking e scambio di competenze permettono la crescita e lo sviluppo di progetti innovativi. Impact Hub Bari é un catalizzatore di relazioni e progettualità dove persone di diversa estrazione professionale – dalle industrie creative al mondo del no profit – vengono a lavorare, incontrarsi, imparare e collaborare.

Impact Hub Bari è parte di una rete internazionale di centri per l’innovazione sociale che si pone l’obiettivo di ispirare e sostenere il percorso di innovatori e imprenditori sociali che vogliono costruire un mondo radicalmente migliore. 

 

Cosa stiamo costruendo ad Impact Hub Bari con il nostro hosting team

Siamo prima di tutto una community. Il lavoro come Operation Host sará di accogliere i membri e gli ospiti esterni, cosí come faresti a casa tua, facendoli sentire accolti e speciali, di creare insieme a loro le condizioni per la collaborazione e anche di prenderti cura dello spazio di lavoro.

Chi cerchiamo:

Dettagli

Stage: Operation Host

Data inizio: Luglio 2021

Luogo dello stage: Impact Hub Bari

Etá massima: 30 anni

Per candidarsi inviare il proprio curriculum e lettera motivazionale a [email protected] con l’oggetto “Candidatura Stage Impact Hub Bari”.

Scarica QUI la tua candidatura come Operation Host!

“L’efficacia della comunicazione sta nella risposta che ottieni” 

Questo è un presupposto della PNL e trovo personalmente che sia meraviglioso. Perché? 

Perché pone la totale responsabilità della comunicazione nelle mani di chi trasmette il messaggio. Questo vuole dire che, se l’interlocutore non riesce a capirci o reagisce in maniera diversa dalle nostre aspettative, significherà che abbiamo usato una modalità di comunicazione “diversamente  funzionale” con quell’interlocutore.

Quindi Lorenzo, mi stai dicendo che è responsabilità mia se l’interlocutore non mi capisce?

Assolutamente si! Permettimi di spiegarti il perché.

Le parole comunicano le nostre idee, le nostre emozioni, convinzioni, e tanto altro.

Il dizionario della lingua italiana conferisce  un significato oggettivo e preciso ad ogni singola parola. 

Ma allora come mai, nonostante tutta questa oggettività, otteniamo risultati diversi ogniqualvolta comunichiamo con persone diverse anche usando lo stesso linguaggio? 

È molto semplice: credere che ci sia una lingua comune è solo un’illusione, così come lo è credere che ci sia una realtà comune! 

Il linguaggio non dipende dal significato ma dipende soprattutto dal significante, cioè dalla soggettività di colui che parla. Ogni parola può avere un significato specifico sul vocabolario, ma questo non preclude che ognuno di noi possa avere un’ interpretazione completamente soggettiva di quel significato.

Facciamo una prova, così da spiegarvi nel dettaglio cosa intendo.

Provate a pensare ad un “albero”, prendetevi qualche secondo…fatto?

Ora, se fossi difronte a tutti voi, vi chiederei a quale albero avete pensato e potrei scommettere che ognuno di voi ha pensato ad un albero diverso. 

Come faccio a dirlo con certezza? 

Perché è uno degli esperimenti che propongo durante i miei corsi per far comprendere il potere straordinario delle parole. 

Ma cosa intendo, esattamente, per “albero diverso”?

Ve lo spiego tra poco.

Ogni qualvolta noi pronunciamo o ascoltiamo una parola, attribuiamo a quella parola una rappresentazione, soggettiva, specifica. Essa può assumere forme diverse a causa delle diverse influenze esterne o interne. 

Per esempio, potreste immaginare un albero specifico in base al territorio nel quale vivete e nel quale è molto diffuso; oppure, potreste immaginare l’albero che produce il vostro frutto preferito e così via. 

Mettiamo il caso che due di voi abbiano pensato allo stesso albero, ad esempio un bellissimo ciliegio. Se vi chiedessi di descrivermi ciò che immaginate, uno di voi potrebbe rappresentarlo in fiore mentre l’altro potrebbe rappresentarlo con rami spogli. Questo dettaglio potrebbe dipendere dal diverso stato emozionale vissuto dalle due persone, in quel momento. Curioso vero? Tutto questo è accaduto dicendovi solo la parola “albero”.

E se vi dicessi invece, “politica”?

Questo è un piccolo assaggio del potere delle parole. 

Ora, permettetemi di condividere con voi uno dei principi fondamentali della comunicazione per usare al meglio questo potere così da ottenere risultati concreti ed efficaci nel momento in cui comunicate con qualcuno. 

Il principio del “Rimprovera il fai e proteggi il sei”

Questa è una strategia comunicativa che funziona benissimo con i  bambini ma per pura curiosità l’ho applicata anche ai miei colleghi e clienti. Risultato? Un cambiamento comportamentale repentino nei miei confronti e soprattutto nel dialogo con se stessi. 

Per farvela capire al meglio vi farò un esempio.

Prendiamo l’affermazione: ” Sei uno stupido”! 

Secondo voi qual è la reazione emotiva e mentale che avrà la persona che riceverà questo messaggio? 

La psicologia afferma che c’è una buona probabilità che la persona giudicata, penserà di “essere” uno stupido e non di “aver fatto” lo stupido. La differenza? E’ enorme! Il verbo “essere” è identitario, si riferisce cioè direttamente alla nostra identità e quindi a ciò che “siamo veramente“. L’identità è qualcosa che viene percepita dal nostro cervello come difficilmente modificabile.

Immaginate anche che questa identità venga attribuita in maniera ripetuta, nel lungo periodo, da una persona per noi importante come un datore di lavoro che stimiamo, un genitore, un partner o un amico. 

Sapreste dirmi quale risonanza avrebbe per noi questo giudizio? Con una buonissima probabilità diverrebbe “vero”!

E invece non è così, possiamo dire che noi abbiamo solo “fatto gli stupidi” e non “siamo stati stupidi“, utilizzando il verbo “fare” al posto del verbo “essere“, svincoliamo l’accusa dall’identità, incolpando quella singola azione in quel momento, senza dare per scontato che si ripresenterà.

Quindi come poter comunicare al meglio in questi casi? 

Utilizzate sempre un giudizio sul comportamento attuato, preservando l’identità in forma positiva. Esempio:

“Sei una persona estremamente intelligente, come mai questa volta hai fatto questo errore?”.

Ricordate che parlare e comunicare sono due azioni diverse. 

Quando “parliamo soltanto”, stiamo solo dando aria ai nostri pensieri che potrebbero essere distorti, incompleti o generalizzati. Mentre quando “comunichiamo”, sappiamo esattamente quale risposta potremmo ottenere dal nostro interlocutore, ponendoci costantemente al di fuori di ogni logica prescrittiva, valutativa o giudicante. Le probabilità di avere una comunicazione efficace, aumentano significativamente perché ci stiamo assumendo la responsabilità di ogni parola che pronunciamo e della reazione che susciteremo.

Insomma possiamo dire che saper comunicare è un arte che ci permette di ottenere risultati concreti, efficaci ed estremamente produttivi, sia su gli altri che su noi stessi. Quindi ricorda sempre che:

L’efficacia della comunicazione sta nella risposta che ottieni”.

Carmen Pisanello, Member Host presso Impact Hub Bari, classe 1989 e appassionata di fumetti, è l’autrice dei testi di “Scrivere sui muri”, libro grafico illustrato dallo spagnolo Elìas Tano, già conosciuto nel settore per essere l’autore di copertine e grafiche di diverse riviste.

Il progetto di “Scrivere sui muri” parte dalla street art, l’arte di strada, oggi ancora confusa dai più solo come vandalismo, lontano quindi dal concetto stesso di arte e ancora di più da quello educativo.

Le motivazioni che spingono gli artisti urbani a rappresentarsi in questo percorso non canonico sono le più disparate: dalla critica verso la proprietà privata alla libertà di esprimersi senza vincoli.

“Non bisogna sottovalutare il potere della verità su un muro”.

Nel volume i due autori prendono avvio da questa idea portando l’attenzione del lettore/genitore su una nuova concezione dell’attività.

“Quando cammini per la tua città, guardati bene intorno” è il suggerimento che si legge nella sinossi del volume.

“Graffiti squillanti sui vagoni, murales dipinti sui palazzi, scritte sghembe sul cavalcavia […] I muri diventano pagine illustrate, ricche di colori e di vita, nel libro aperto delle città”.

Le città in “Scrivere sui muri” diventano tele bianche pronte per essere riempite di colore e creatività, ci ricordano di essere bambini e di meravigliarci quando siamo fermi nel traffico o al rientro da una pesante giornata di lavoro. La città non è più uno sfondo incolore che guardiamo distrattamente, ma ci fa sentire parte di qualcosa di più grande, rendendoci partecipi di messaggi spesso universali e di forte impatto – esempio tra tutti il famoso artista Bansky che riesce con pochi tocchi di vernice a farsi portavoce delle masse senza costrizioni.

“Scrivere sul muro è un po’ come gridare”.

I bambini hanno la capacità di cogliere la meraviglia, una capacità che tutti noi possediamo ma che diventa sempre più difficile tenere viva: Carmen Pisanello ed Elìas Tano ci invitano a non dimenticarlo e per farlo si rivolgono proprio a quella parte fanciullesca che risiede in noi, attraverso gli occhi pieni di stupore dei più piccoli.

La preoccupazione degli adulti”,  si legge in una pagina, “è quella di aver rovinato il muro”.

Scrivere sui muri spesso è proibito: oltre alla possibilità di essere multati si può incorrere nel rimprovero dei passanti perché il primo verbo che è sempre sulla bocca di tutti è “rovinare”.

Ma si tratta davvero di rovina quando siamo di fronte ad una forma di espressione?

Carmen ed Elìas invitano alla riflessione sulla differenza che intercorre tra cartelloni pubblicitari sparsi nella città a volte senza nessun controllo e questa forma di espressione.

Murales, graffiti, a cielo aperto queste opere sopravvivono ai loro creatori, destinate a far rimanere con il naso all’insù i passanti nel corso degli anni.

Il lavoro di Carmen Pisanello ed Elìas Tano è lodevole: in un percorso non sempre facile come quello dell’editoria indipendente (il volume è pubblicato dalla molto attiva casa editrice Momo Edizioni) queste opere fresche e alternative, dovrebbero essere conosciute e sfogliate da grandi e piccini.

Scritto da Sabrina Turturro.

 

Lavorare da uno spazio condiviso implica prendere in considerazione alcune regole non scritte per facilitare la convivenza tra i suoi membri.

In Impact Hub Bari lavoriamo affinché la comunità si senta a proprio agio e al sicuro e possa sfruttare tutto il suo potenziale nei nostri spazi. Abbiamo fatto uno sforzo per adattare i nostri servizi e spazi per rispondere ai nuovi bisogni della società e per continuare a supportare aziende e persone nello sviluppo dei loro progetti e attività di impatto. La rete Impact Hub è nata per promuovere spazi di lavoro collaborativi. Questa idea continua ancora oggi, sebbene i membri possano godere di spazi privati ​​come uffici o sale riunioni.

Tuttavia, scegliere uno spazio di coworking per lavorare significa entrare in dinamiche diverse da quelle che trovi in ​​un ufficio convenzionale. Per questo abbiamo chiesto ai nostri membri quali sono le regole per una buona convivenza in un coworking e le abbiamo raccolte qui. Prendi nota!

1. Prenditi cura degli spazi comuni

Il modello di coworking è progettato per condividere le risorse, quindi l’uso che ne facciamo influenzerà direttamente il resto dei colleghi. Ad esempio, dopo una pausa caffè, assicurati di lasciare tutto ben pulito.

2. Conoscere la filosofia di lavoro

Se vai a lavorare in un coworking è necessario che tu conosca e condividi la filosofia del lavoro collaborativo, che include valori come l’empatia, l’ascolto attivo e la cordialità. Ciò significa, ad esempio, salutare quando si arriva allo spazio la mattina, essere disponibili per la conversazione nelle aree comuni o rispettare gli altri membri.

3. Ricordati di prenotare le sale per le tue riunioni

Impact Hub Bari dispone di sale attrezzate per ospitare riunioni o eventi da remoto. Per questo motivo è consigliabile utilizzarli – prenotandoli in anticipo – per effettuare le proprie chiamate o riunioni da remoto o di persona. In questo modo ti assicuri di non disturbare chi ha bisogno del silenzio per lavorare. C’è spazio per tutti! Ciò migliorerà anche la tua produttività e quella delle persone intorno a te.

4. Non occupare spazi comuni solo per te

Tenere in considerazione gli altri è fondamentale quando si utilizzano gli spazi: ricorda sempre che sei in un luogo condiviso. Se sei uno di quelli a cui piace lavorare al tavolo da cucina, devi ricordare che l’uso prioritario di quello spazio durante l’ora di pranzo sarà un altro.

5. Rispettare le norme igieniche e anti-COVID

Impact Hub Bari ha incorporato e adattato i suoi spazi di lavoro alle nuove circostanze, con rigide misure di salute e sicurezza, in modo che oltre ad essere fonte di ispirazione, sia sicuro lavorare nel coworking. Dispone di tutte le misure igieniche, DPI e informazioni costantemente aggiornate.

6. Conosci tutti i vantaggi della tua membership

Scopri i vantaggi della tua membership per ottenere il massimo dai servizi che hai a portata di mano. Nel caso di Impact Hub Bari, puoi avere accesso a sale riunioni gratuite, servizi per la tua azienda come l’accompagnamento a bandi regionali, sconti con i nostri partner, sconti per servizi offerti da altri hubbers, ricezione di pacchi e lettere, Hub Passport per fruire di uno spazio Impact Hub in più di 100 città in tutto il mondo (gratis!)

7. Sii proattivo e condividi idee per il miglioramento continuo

Vedi qualcosa che potrebbe essere gestito diversamente? Riesci a pensare a un miglioramento a vantaggio della comunità? La tua esperienza migliorerebbe con un cambiamento a cui hai pensato? Sentiti libero di comunicare le tue idee. Il nostro team di host è il punto di riferimento del nostro spazio per ascoltare attivamente le esigenze della community e, allo stesso tempo, rendere più facile la vita quotidiana dei membri.

Queste 7 regole per la convivenza riassumono lo sforzo di una comunità di professionisti e aziende che condividono lo spazio di lavoro e un team impegnato che lavora.

Manifesto del coworking

  1. Collaborazione al di sopra della concorrenza.

  2. Community al di sopra delle to-do List.

  3. Meglio partecipare che osservare.

  4. Non solo dire, soprattutto fare.

  5. Amicizia invece di formalità.

  6. Audacia contro conservatorismo.

  7. Apprendimento contro esperienza.

  8. Le persone prima delle personalità.

  9. Ecosistema basato sui valori, più che sulla catena del valore.

Grazie al contributo della Dott.ssa Alessandra Stella Caravella, psicologa e psicoterapeuta in formazione Gestalt, abbiamo deciso di parlare di Burnout: ovvero problematiche correlate allo stress da lavoro che sempre più riguardano i lavoratori in questo periodo.

Un tema chiave in questo periodo poichè rappresenta l’altra faccia dello smartworking (o remoteworking), soprattutto per chi lo svolge da casa.

 

Ecco che nello specifico, Alessandra ci parla del Burnout una sindrome da stress correlata al lavoro, e si manifesta con una sintomatologia mista, a tratti simile alla depressione.

Si tratta di uno stato che coinvolge l’individuo da ogni punto di vista: ha un impatto sullo stato emotivo, sui pensieri e sul comportamento.

La traduzione letterale della parola Burnout è bruciarsi: la persona ha la sensazione di non aver più nulla da dare, di aver consumato tutte le energie a sua disposizione.

Le cause fanno riferimento alle caratteristiche del lavoro, ed alle caratteristiche della persona. Sono più esposte le professioni usuranti ed emotivamente coinvolgenti, così come persone ambiziose e con elevate aspettative. Questo ha a che fare con i confini e con i limiti che la persona riesce a stabilire tra le differenti aree della propria vita.

L’attuale situazione sanitaria ha modificato profondamente le modalità di gestione dei tempi e degli spazi lavorativi, soprattutto per alcune categorie. Facciamo riferimento allo smartworking.

Quali sono le conseguenze del lavoro agile svolto in casa? Uno dei dati di fatto è che si è sempre reperibili, la vita privata si riduce, si ha la sensazione di non differenziare mai il contesto lavorativo da quello domestico, le relazioni sociali sono minime, le distrazioni sono moltissime.

Da sempre, le categorie più a rischio di burnout e delle problematiche correlate allo stress da lavoro, sono state le professioni di cura: infermieri, medici, psicologi. Questo perchè, all’interno di una relazione d’aiuto è più difficile stabilire un confine e riuscire a gestire la sofferenza dei pazienti senza farsene carico anche nella vita privata.

Oggi accade lo stesso con lo smartworking: categorie apparentemente meno a rischio di burnout, stanno iniziando a soffrirne proprio a causa della difficoltà a differenziare gli spazi privati da quelli professionali.

COSA FARE: 4 SUGGERIMENTI UTILI

  1. Definisci degli obiettivi chiari e raggiungibili. Non eccedere. Hai bisogno di tempo per ricaricare le batterie, e fare qualcosa che permette alla mente di staccare la spina.
  2. Dedica impegno alla cura di te. Anche se trascorri il 90% del tempo in casa è importante non trascurare l’igiene personale, l’attività fisica, il numero di ore di sonno ed una alimentazione equilibrata, con un moderato consumo di alcol.
  3. Interrompi il contatto con la tecnologia quando puoi e dedicati alle persone a te care. L’essere umano vive di relazioni sociali: in assenza di contatto con gli altri, è difficile anche il contatto con te.
  4. Disciplinati, utilizza 10/15 minuti al giorno per dedicarti ad una attività costante. Puoi sceglierla in base alla tua curiosità ed interessi. La disciplina insegna a fare le cose con moderazione, ed aiuta a scoprire che il punto di equilibrio è interno e non esterno
  5. Se hai la possibilità di scegliere da dove lavorare, anche solo per qualche ora al mese, cerca uno spazio alternativo, per esempio un coworking come Impact Hub Bari che offre diverse possibilità, tariffe orarie flessibili e totale sicurezza negli spazi.

 

Alessandra Stella Caravella, psicologa e psicoterapeuta in formazione Gestalt.

Remoteworking, smartworking… coworking? Come è cambiato il vocabolario del lavoro? Per alcuni, già prima ma per quasi tutti dopo la Pandemia e il primo lockdown, il modo di vivere e pensare il lavoro è cambiato.

Nessuno avrebbe mai pensato che lavorare da casa potesse essere la regola generale, così come nessuno avrebbe mai pensato che molte aziende avrebbero optato per i coworking come sedi operative distaccate, per il reintegro dei propri dipendenti.

Insomma, l’ufficio come l’abbiamo sempre conosciuto, non appare più la regola e questo ha i suoi vantaggi.

La scelta del coworking appare in tempo di Covid, una valida alternativa al classico ufficio aziendale o anche allo stare a casa (cosa che a volte si traduce nello scappare in un bar per cambiare aria, quando i vari DPCM ce lo consentono!).

La pandemia ci ha sicuramente insegnato ad invertire i paradigmi, ed è per questo che ad oggi, tra i frequentatori dei coworking, ci sono i dipendenti di imprese consolidate, persino multinazionali che lo affiancano in maniera flessibile al remoteworking e allo smartworking.

Ma perché queste aziende stanno optando per i coworking?

Per la prima volta nella storia, le aziende si sono viste costrette a vedersi in modo diverso: la sede operativa dei propri dipendenti non è più l’azienda ma diventa la casa stessa del lavoratore. Questo, almeno in una prima fase, ha portato ad una “perdita del controllo” sui lavoratori, dall’altra ha portato quest’ultimo a lavorare senza orari, con riunioni e consegne ad orari impossibili. Lo spazio di lavoro e quello della vita privato si fondono, i confini tra l’uno e l’altro sono più sfumati. Questo sicuramente non fa bene: tutti abbiamo potuto constatare che non sempre le condizioni lavorative a casa sono ottimali o riescono a coincidere con la produttività che il lavoro richiede.

Per questo, dopo i lunghi mesi di remoteworking, confinati a casa a causa della pandemia, gli spazi di coworking possono rappresentare per le aziende ed i loro dipendenti, un momento di transizione:
un ambiente informale e stimolante, una community multidisciplinare e sempre pronta al confronto e alla crescita professionale, uno spazio di ispirazione e dinamico.

Inoltre molto spesso, gli spazi di coworking sono uffici bellissimi e ampi fatti per ospitare più persone e garantire la privacy di ognuno dei suoi membri (ed in questo periodo anche la sicurezza sanitaria dei propri membri).

Se le aziende più strutturate iniziano ad affacciarci da qualche mese ai coworking, i freelance e gli startupper ne rappresentano la linfa vitale: aperti e collaborativi, hanno bisogno di una community per fare networking e cercare nuove collaborazioni e opportunità.
Ma la scelta del coworking può anche essere più pratica: avere la possibilità di stabilire la propria sede legale o sede operativa, ospitare dei clienti in uno spazio riunioni dotato di ogni servizio tecnologico, flessibilità nelle tariffe.
Insomma, cose che lavorando da casa, sono più difficili da gestire.

Hai mai provato a lavorare in uno spazio di coworking?

Mettiti in contatto con lo staff di Impact Hub Bari e richiedi il tuo Hub Day gratuito! Saremo lieti di ospitarti e farti vivere una vera hub experience! Tutti coloro che prenoteranno un Hub Day gratuito, avranno accesso ad uno sconto del 50% sul primo mese della membership scelta.

Scrivi a [email protected]

Coworking: ne avete mai sentito parlare?

L’ufficio tradizionale sta lasciando il posto ad una concezione molto più innovativa del lavoro: Coworking. In questo articolo vi spieghiamo 5 buoni motivi per condividere uno spazio di lavoro invece di rimanere isolati (e magari con il portafogli più leggero) tra le vostre quattro mura.

Il Coworking è molto più di un modo di lavorare. E’ vero e proprio stile che predilige la condivisione degli spazi, mantenendo, però, l’autonomia delle attività.

L’isolamento: il rischio delle professioni moderne. I professionisti che lavorano da casa o quelli che viaggiano finiscono spesso per svolgere la propria attività in condizioni di isolamento. Perdere la concezione dell’interazione umana è la cosa peggiore che possa accadere ad un brillante lavoratore autonomo. Il Coworking può essere una soluzione perché l’ambiente condiviso ha anche la funzione di mettere in contatto le persone e favorire le collaborazioni, grazie alla sinergia che si crea in maniera naturale.

I 5 vantaggi dell’ufficio condiviso. Perché scegliere il Coworking?

I motivi per scegliere la condivisione dello spazio di lavoro sarebbero innumerevoli, ma possiamo sintetizzarli in 5 buoni motivi. Eccoli:

Il Coworking è il futuro del lavoro, perché il mondo si può cambiare e anche subito, ma bisogna essere uniti. Noi di questo ne siamo convinti, ma siamo altrettanto determinati nell’affermare che ciò non può avvenire in piccoli spazi di lavoro senza valori e regole condivise. Da Amsterdam a Johannesburg, da Singapore a San Francisco, Impact Hub è un network internazionale di coworking in costante crescita; mette in rete più di 15mila professionisti che hanno scelto la strada della condivisione, e non solo. Innovazione, rispetto per l’ambiente e per gli altri, creatività e cultura sono alla base della crescita. Oltre 90 Impact Hub sono già aperti in tutto il mondo e ognuno ha la sua community con i propri eventi e iniziative. Grazie alla rete impact Hub, infatti, lo spazio diventa il luogo nel quale convertono i più interessanti progetti di innovazione sociale.

Ma adesso siamo noi a chiedervi: perché rimanere isolati quando esistono almeno 5 buoni motivi per scegliere il Coworking?

Gianluca Lobascio, membro di Impact Hub da Gennaio 2019, è un ingegnere edile architetto dal 2010, si occupa di consulenza in fase di progettazione e di esecuzione di interventi edilizi. Si occupa,inoltre, di consulenza in ambito di riqualificazione energetica degli immobili in ambito catastale e amministrativo, con servizio delle pratiche organizzative per gli interventi edilizi.

Gli abbiamo rivolto alcune domande per conoscere meglio la sua storia.

 

Intervista di Viviana Guarini

Presentati in 10 Parole

Sono Gianluca, sono un architetto e amo la mia professione.

 

Quando e come nasce la tua passione per il mondo dell’architettura?

Nasce da quando avevo circa 10 anni: la mia passione iniziale era la tecnica e il disegno. Nel corso degli anni si è convertita in architettura e in arte in generale.

 

Qual è l’opera nel mondo che più ti rappresenta e perché?

L’opera che più mi rappresenta è “La casa sulla cascata” di Frank Llloyd Wright.

Si tratta di una commistione tra uomo e natura in un’armonia quasi perfetta. Il “quasi” ci sta perché ciò che è opera dell’uomo non è opera della natura e vale il viceversa. Ci si può avvicinare ma le cose non potranno mai essere perfettamente integrabili.

 

Qual è il valore aggiunto della tua professione nel mondo secondo te?

Penso che ciò che la mia professione può portare nel mondo siano bellezza e funzionalità in un luogo antropizzato. Perché bellezza e funzionalità devono correre di pari passo. Una struttura solamente bella rischia di diventare inutilizzabile. Viceversa, come spesso accade, delle strutture funzionali risultano inguardabili.

 

Qual è il lavoro che hai realizzato di cui sei più orgoglioso?

La cosa che mi è piaciuta di più, e che al contempo però mi rappresenta meno, è stato progettare gli impianti di un museo, affiancandomi ad un gruppo di architetti. Questo perché sono riuscito a trovare il difficile equilibrio tra la parte impiantistica di un complesso edilizio e la parte architettonica.

 

Cosa diresti ad un giovane di oggi che vorrebbe intraprendere questa professione?

Gli direi: “Lascia perdere l’università, lascia perde gli insegnanti, lascia perdere i master… viaggia e leggi.” 

Ovviamente è una provocazione con cui enfatizzare l’importanza e il peso della scoperta, elementi indispensabili per aprire la mente e stimolare il pensiero creativo, fondato però su una base solida che può venire solo ed esclusivamente dalla comprensione dell’opera creativa, e quindi dal libro.

Se avessi la bacchetta magica che struttura realizzeresti oggi e perché?

Più che una bacchetta magica ci vorrebbe un committente “magico”.

Mi piacerebbe realizzare un complesso architettonico nella quale poter analizzare non dico tutti, ma quasi, gli aspetti della vita sociale. Dall’abitazione alla struttura ricreativa.

 

Qual è il motto che più ti rappresenta?

L’architettura è un sapiente gioco di volumi sotto la luce” [Le Corbusier]

Ritengo che il volume sia fondamentale ma il volume è nulla senza la luce, che lo cambia, ne evidenzia le linee grazie al gioco di ombre.

 

 

Il più grande esperimento di Smart Working mai messo in atto

Lo Smart Working, parimenti definito anche Lavoro Agile, è una modalità di esecuzione del rapporto di lavoro caratterizzata dall’assenza di vincoli orari e spaziali: un modalità di lavoro che aiuta il lavoratore a conciliare tempi di vita e lavoro e a favore la crescita della sua produttività.

 

Dal 18 Febbraio scorso il Coronavirus ha varcato i confini dell’Italia e lo Smart Working nelle aree colpite dall’epidemia è stata la misura adottata da tante realtà italiane per di ridurre al minimo le possibilità di contagio.

Il Coronavirus ha di fatto obbligato molti paesi Europei, e oggi anche l’Italia, al più grande esperimento di Smart Working mai effettuato a livello mondiale.

Come ha sottolineato Mariano Corso, Responsabile Scientifico dell’Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano, «Lo Smart Working non può essere la soluzione per “bloccare” l’epidemia ma, con l’impegno di tutti, può rappresentare una misura per ridurre rischi, attenuare disagi e contenere gli enormi danni economici e sociali che questa emergenza rischia di causare. I lavoratori, e soprattutto coloro che sono già Smart Workers, devono restituire il credito di fiducia dimostrando autonomia, impegno e senso di responsabilità».

Grazie a un decreto attuativo approvato d’urgenza è applicabile da subito, anche senza un accordo preventivo con i dipendenti (così come richiede invece la Legge sul lavoro Agile del 2017), anche l’Italia ricorre allo Smart Working come misura per evitare il crollo produttivo ed economico del Paese. In particolare, il decreto attuativo del 23 febbraio 2020 n. 6 – recante le misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da SARS-CoV-2 (è questa la sigla ufficiale che indica il Coronavirus, ndr) che causa la malattia COVID-19 – prevede “la sospensione delle attività lavorative per le imprese […] ad esclusione di quelle che possono essere svolte in modalità domiciliare ovvero in modalità a distanza”.  Come si legge sul testo pubblicato in Gazzetta ufficiale, la decisione è stata presa dalla Presidenza del Consiglio “ritenuta la straordinaria necessità e urgenza di emanare disposizioni per contrastare l’emergenza epidemiologica da Covid-19, adottando misure di contrasto e contenimento alla diffusione del predetto virus”.

Se è vero quindi che il lavoro Agile non è applicabile in tutti i settori, è parimenti vero che ad oggi risulta a tutti gli effetti essere l’unica modalità che consentirà al nostro Paese, esattamente come già accaduto in Cina, di non andare incontro ad un crollo totale dello sviluppo economico.

In questi ultimi giorni, sono tantissime le aziende che hanno chiesto ai loro dipendenti di lavorare in Smart Working, limitando quindi le trasferte di lavoro, come A2A, Ibm, Intesa San Paolo, Pirelli, Salini Impregilo, PwC, KPMG, Luxottica, Enel, Eni, Saipem, Snam, Vodafone.

Con le scuole chiuse e la raccomandazione di evitare posti affollati, lo Smart Working diventa quindi l’unica opzione possibile. Le aziende che, grazie alla tecnologia, si sono dotate di questa possibilità ora non solo riescono a far fronte all’emergenza più facilmente, ma saranno proprio quelle sulle quali probabilmente si baserà la salvezza della nostra economia.

Ciò che si auspica e che, ad emergenza finita, sempre più aziende adottino misura di Smart Working che ha tra i suoi più grandi benefici l’incremento della produttività dei lavoratori, l’incremento del benessere e del bilanciamento tra lavoro e famiglia.

 

Gli effetti positivi del coworking sul nostro benessere psicofisico

 

Quotidianamente siamo sopraffatti dallo stress quotidiano, soprattutto in ambito lavorativo dove le scadenze sembrano incombere giorno dopo giorno.

Così, con il passare del tempo, ci trasformiamo in produttori giornalieri di cortisolo, l’ormone dello stress, con ricadute anche sulla vita personale e relazionale, oltre che su quella professionale.

Capitano poi, e neanche raramente, dei periodi in cui proprio nell’ambito professionale ci ritroviamo davanti a dei momenti di grande difficoltà, dovuta a un sovraccarico o a delle problematiche che possono sembrarci irrisolvibili, soprattutto se ci troviamo nella così detta “crisi del problem solver”. Sotto stress, infatti, anche la nostra capacità di risolvere problemi viene intaccata, facendoci sentire sempre più stanchi, inadatti o addirittura incapaci nell’affrontare questioni che richiedono un certo grado di difficoltà.

Quello che dimentichiamo troppo spesso è che, in questi momenti, tendiamo a chiuderci in noi stessi e ad affrontare la realtà da soli piuttosto che aggrapparci alle persone che ci circondano.

Nel bel mezzo della “tempesta” ciò che è davvero importante per il nostro successo è ancorarci agli altri. Il supporto sociale è la chiave di svolta che può letteralmente salvarci nei momenti in cui abbiamo maggiormente bisogno. Le persone di maggior successo, infatti, piuttosto che chiudersi verso l’interno, si stringono di più intorno al loro supporto sociale, investendo su questo punto di forza. In tale maniera diventano individui più felici, più produttivi, più energici e più resilienti.

Quando siamo circondati da una comunità di persone su cui possiamo contare moltiplichiamo le nostre risorse emotive, intellettive e fisiche.

 

In uno studio chiamato “Very Happy People” i ricercatori provarono a scoprire quali fossero le caratteristiche di coloro che rientrano nel 10% delle persone più felici in assoluto e ne risultò che la sola caratteristica che contraddistingueva gli individui che appartenevano a quel 10% era la forza delle loro interazioni sociali [Il vantaggio della felicità, Shawn Achor, 2010].

Molti studi dimostrano che le interazioni positive durante la giornata lavorativa aiutano il sistema cardiovascolare a ritornare ai livelli di riposo. Questo, a lungo andare, funge da sistema protettivo dagli effetti negativi dello stress lavorativo.

Ogni connessione positiva con gli altri, infatti, abbassa i livelli di colesterolo (l’ormone legato allo stress), aiutando ciascuno di noi a riprendersi più velocemente dalle tensioni quotidiane. Il nostro supporto sociale fa in modo che lo stress non diventi un ostacolo per il raggiungimento dei nostri obiettivi, aiutandoci a sfruttare meglio i nostri punti di forza. Più ci sentiremo a nostro agio con le relazioni nel nostro ambiente lavorativo maggiore sarà la nostra efficacia.

Proprio per questo motivo lavorare in uno spazio di coworking ha dei vantaggi soprattutto sul benessere dei lavoratori, oltre che ai vantaggi economici e quelli derivanti dal rafforzamento della rete professionale.

Questo vale a maggior ragione per i liberi professionisti (o freelance) che solitamente lavorano da casa o da un piccolo ufficio in proprio. Poter trascorrere le pause pranzo o le pause caffè con altre persone ci aiuta non solo a stimolare il nostro pensiero creativo e a confrontarci, potendo guardare gli aspetti lavorativi da diversi punti di vista, ma soprattutto a sviluppare la nostra capacità empatica, a tutelarci dallo stress lavorativo e a farci sentire parte di un sistema sociale.

Per questo anche sempre più aziende virtuose scelgono di situare le proprie sedi operative all’interno di spazi di coworking: i dipendenti si sentono più felici e i dipendenti più felici sono scientificamente più produttivi, con un risparmio annuale sul bilancio aziendale.

Quanto e perché è importante la responsabilità sociale d’impresa?

Scopriamolo insieme in questo articolo.

Articolo di Valeria Fratellini

 

Ad oggi il mercato moderno è caratterizzato dalla presenza di consumatori sempre più attenti alla qualità dei beni e dei servizi offerti dalle aziende.
I mass media, ma soprattutto l’avvento dei social e del web, hanno influenzato il pensiero del consumatore sui suoi potenziali acquisti.
I consumatori non valutano più le aziende solo per la qualità dei beni e servizi che vengono offerti, ma anche al modo in cui le imprese operano, con particolare riferimento al concetto di responsabilità sociale d’impresa, spesso indicato con l’acronimo RSI.
Ad esempio, inquinando l’ambiente, facendo largo utilizzo di plastica o non rispettando le adeguate norme di sicurezza all’interno della struttura lavorativa, si andrà molto probabilmente ad influire negativamente sulla branding reputation dell’impresa stessa.
Il cliente scontento dal comportamento delle aziende non acquisterà più i loro prodotti andando così ad incidere a lungo termine sulla diminuzione dei ricavi di vendita e, di conseguenza, del valore del brand.

La responsabilità sociale d’impresa è la dimostrazione concreta delle piccole, medie e grandi imprese di saper gestire in modo adeguato le problematiche d’impatto sociale ed etico al loro interno e nelle zone di attività.
L’elemento che contraddistingue questo fenomeno consiste nel far andare di pari passo l’economia con l’aspetto sociale, che crea valore aggiunto, per tutto ciò che riguarda un’azienda al suo interno e all’esterno.

In che ambiti opera la responsabilità sociale d’impresa?

La sua applicazione si traduce in:

 

Quali sono i vantaggi della Responsabilità sociale d’impresa?

La Responsabilità sociale d’impresa induce dei vantaggi rivoluzionari e innovativi.

 

Ognuno è responsabile di ciò che accade e ha il potere di decidere che cosa vuole essere. Quello che siete oggi è il risultato delle vostre decisioni e scelte passate. Quello che sarete domani sarà il risultato delle vostre azioni di oggi.
(Swami Vivekananda)

 

 

 

 

 

 

 

 

Coworking: bando della Regione Puglia per il finanziamento di voucher per imprenditori e professionisti

 

Con il suo improvviso arrivo il Coronavirus ha messo a repentaglio non solo la salute di tutti noi ma anche il lato economico e lavorativo con importanti difficoltà per far quadrare i conti.

La Regione Puglia ha pubblicato un bando che rende possibile l’erogazione di voucher a favore di imprenditori e professionisti che svolgono la loro attività in spazi di Coworking, Makerspace/Fablab.

Gli incentivi economici sono anche rivolti a tutti quei soggetti che intendono utilizzare uno spazio condiviso per esercitare la loro attività lavorativa e il voucher messo a disposizione ammonta a 3 mila Euro.

I beneficiari dei voucher sono liberi professionisti e imprenditori residenti in Puglia, che abbiano compiuto 18 anni d’età e che svolgano un’attività professionale ed economica e che siano in possesso di tutti i requisiti previsti dall’Avviso Pubblico.

Un’occasione anche concessa agli aspiranti esercenti di attività, cioè soggetti che non sono in possesso di partita IVA, collegata all’attività che intendono costituire, ed anche agli iscritti alla Gestione separata dell’Inps Puglia, alla Camera di Commercio Industria e Artigianato.

Il voucher finanzia l’utilizzo delle postazioni o delle stanze condivise o riservate, ma anche le spese di utilizzo in postazioni open space, anche condivise.  La durata minima del contratto di co-working prevede un minimo di 6 mesi e un massimo di un anno.

Un importante incentivo per tutti coloro che vogliono intraprendere un percorso lavorativo in uno spazio diverso da quello delle quattro mura in ufficio.

Uno spazio condiviso che al suo interno nasconde un nuovo modo di lavorare in un ambiente stimolante e sempre positivo per il corpo e la mente, che spinge i giovani talenti di oggi e del domani a mettersi in gioco.

Per conoscere le modalità di accesso al bando contattaci su [email protected]

 

Scopri tutti i dettagli del bando qui

Che cos’è il public speaking?

Il public speaking è un modo efficace di comunicare informazioni in pubblico.
Questa tecnica interessa imprenditori, formatori, organizzatori di eventi o congressi e tutti coloro che devono interfacciarsi con un ampio pubblico.
Il public speaking rappresenta un vero e proprio valore aggiunto con il quale trasmettere informazioni o catturare l’attenzione di un gruppo di persone.
In base all’obiettivo che si vuole raggiungere bisogna essere in grado di persuadere il pubblico per far comprendere il messaggio che può informare, influenzare o intrattenere con interesse.

Quanto è importante la preparazione prima di un public speaking?

Un ottimo modo per affrontare al meglio il public speaking è sicuramente avere una buona preparazione e dedicare uno studio approfondito a ciò che si esporrà, a come farlo e conoscere il pubblico.
Conoscere queste informazioni apporta numerosi benefici e rappresenta una linea guida da seguire per impostare un intervento, prima di conoscere le eventuali strategie da mettere in atto.
A volte, però, la preparazione che è fase iniziale per una comunicazione efficace, va trascurata: se non si conosce bene l’argomento da trattare, il discorso non otterrà attenzione.
È necessario conoscere ciò di cui si discuterà, in modo da poter rispondere esaustivamente anche ad eventuali domande e far capire al pubblico di essere professionali e preparati sull’argomento trattato.

Essere preparati consente di concentrarsi maggiormente sulle modalità di esposizione: per queste motivazioni è consigliabile studiare e provare l’esposizione, per aver una maggiore sicurezza e padronanza del discorso.
Bisogna dimostrare a chi si ha di fronte non solo che si è sicuri di ciò che si esprimerà, ma mostrare in particolar modo entusiasmo.
Un’altra buona abitudine da adottare è sorridere mentre si parla: un sorriso spontaneo arriverà al pubblico, creando un’atmosfera positiva e un ambiente informale.
Applicando questi piccoli ma significativi accorgimenti la comunicazione risulterà molto più incisiva, rendendo gli interlocutori più propensi all’ascolto e alla comprensione del discorso.
Un buon public speaker può trarre benefici personali e comunicativi dalla sua performance:

Quali sono gli errori da evitare?

 

  1. La paura di sbagliare: se è la prima volta che si affronta un discorso in pubblico, la paura di sbagliare èevidente, ma al contrario deve rappresentare la chiave per mettersi in gioco e dar il meglio di sé. L’attenzione principale non deve ricadere su chi espone il discorso, ma deve privilegiare gli uditori.
  2. Limitare il campo visivo: se si è nervosi o non a proprio agio si rischia di non riuscire a guardare il pubblico, osservando il vuoto o addirittura il fondo della nostra platea. Anche non essere in grado di esprimere le emozioni attraverso il volto, rappresenta un punto sfavorevole.
    Al contrario, gli interlocutori sono molto influenzati dalle espressioni facciali che donano ad ogni singola parola pronunciata maggior enfasi.
  3. Non avere senso dell’umorismo: vi sentireste a vostro agio con qualcuno che si prende troppo sul serio?
    Sicuramente no, ma rilassarsi e lasciarsi andare a qualche lieve battuta, sicuramente rende l’argomento più fluido.
  4. Utilizzo di un linguaggio lineare e mancanza di materiale audiovisivo: parlare per ore e non supportare il discorso con del materiale audiovisivo, rende il target annoiato e disinteressato.
    Inoltre, il sostegno di materiale audiovisivo, focalizza meglio l’attenzione sulla conferenza, ed è un elemento che crea autorevolezza a supporto della tesi e in caso di piccoli errori è utile per ricondurre il nostro speaker sulla giusta via del discorso.
  5. Avvalersi di un linguaggio troppo settoriale o con termini troppo complessi può non essere compreso dalla folla.
    È preferibile adottare il lessico appropriato in base al pubblico che abbiamo di fronte che possono essere
    competenti o completamente estranei in materia.
  6. Non prediligere un solo ton of voice: il tono di voce e il volume non devono andare di pari passo in ogni
    momento del discorso. Questi due elementi aiutano a dare il giusto senso a ciò che si vuol esprimere e conquistare l’attenzione del pubblico.

Siete pronti a sfidare voi stessi e ad affrontare un ampio pubblico con maggior convinzione?
Essere speaker è un percorso che richiede preparazione, tempo, pazienza, determinazione e tanta pratica
sul campo.Solo superando le proprie paure, l’ansia da prestazione e l’insicurezza in sé stessi si diventerà abili oratori in grado di affrontare qualsiasi folla, ma per sopperire a ciò bisogna studiare al meglio tutte le pratiche e i trucchi del public speaking.
Non abbiate paura, l’ansia da prestazione conferirà quel pizzico in più di adrenalina, per spiccare il volo, al di sopra delle nostre aspettative.

 

Aphel: l’intelligenza artificiale che rivoluzionerà il settore ospedaliero

Marco Morisco, project leader di Aphel, è membro di Impact Hub Bari dal 2019; l’azienda per cui opera, Predict Care, commercializza sistemi ecografici e radiologici di imaging diagnostico e sviluppa tecnologie innovative nel settore dell’healthcare, come Optip e Mistral.

 

Lo abbiamo intervistati per conoscere meglio la storia di Aphel

 

Intervista di Viviana Guarini e Valeria Fratellini

 

Cos’è Aphel ?

Aphel è un robot umanoide sociale, dotato di intelligenza artificiale. Si muove in autonomia, provvisto di telecamera e riconoscimento facciale.

Quale sarà l’utilizzo di Aphel e quando sarà sul mercato?

Aphel sarà impiegato in ambito ospedaliero e posizionato all’info point in quanto è in grado di interagire con l’utenza, indirizzando il paziente verso la destinazione richiesta, in modo da soddisfare sempre a pieno le sue esigenze. Inoltre verrà impiegato anche come supporto ludico per i bambini, è farà anche da sentinella in reparto.

Sarà sul mercato a partire da Dicembre.

 

Qual è il suo punto di forza?

È un valido accompagnatore per il personale infermieristico, in modo che si abbia più tempo per la cura del paziente. In questo modo si ottimizzano i tempi di erogazione del servizio, con una maggiore attenzione alle esigenze e cure da donare ai pazienti.

 

Come nasce il progetto e qual è la vostra misson?

Il progetto nasce da un viaggio in Cina in cui abbiamo conosciuto un’azienda produttrice di robot Ubteck, con la quale è stata sviluppata una partnership. La nostra mission è penetrare il settore ospedaliero rendendolo innovativo e funzionale dal punto di vista tecnologico.

 

Aphel sarà impiegato anche in altri settori?

La società sta avviando delle sperimentazioni per quanto riguarda il supporto robotico nei musei come sostituto dell’audio guida. Con l’intelligenza artificiale all’interno dei musei si ha l’opportunità di avere un’assistente personalizzato instancabile, attento alle richieste dei visitatori ed è soprattutto un’occasione, per Aphel, apprendere nuove nozioni, grazie alle domande che vengono poste.

 

 

 “Il miglior modo di predire il futuro è inventarlo”

 

 

 

 

 

 

Da oggi trovi tutti gli eventi di Impact Hub Italia su impacthub.it!

Un ricco palinsesto di eventi virtuali organizzati dagli Impact Hub di Milano, Torino, Trento, Reggio Emilia, Firenze, Roma, Bari e Siracusa e dedicati a startup, imprese, professionisti e innovatori che vogliono lasciarsi ispirare dalle tematiche ad impatto (e non solo) offerte da Impact Hub!

Sul sito troverai numerosi appuntamenti formativi e di community, aperti al pubblico oppure riservati ai soli hubbers, come le nostre masterclass in versione webinar della Workbench Series, le consulenze one-to-one con gli esperti dei Virtual Experts Corner, i Corsi Executive online e i Virtual Community Events dedicati agli hubbers.

Scopri tutti i prossimi eventi e non perdere tutte le opportunità che Impact Hub Italia può offrirti!

“Credici, non aver paura di fallire e sii audace”: così Michele e Melita aiutano i giovani a restare nella propria terra

 

Melita Messina e Michele Giovinazzo, membri di Impact Hub Bari dal 2017, sono i founders di Spazio S.P.I.N., uno spazio di co-progettazione per l’innovazione, che si occupa di accompagnamento nella formulazione e nella gestione di progetti di business innovativi, facilitando l’accesso a bandi e finanziamenti.

Li abbiamo intervistati per conoscere meglio la loro storia.

 

Intervista di Viviana Guarini

Cosa significa co – progettare e in cosa si differenzia dalla progettazione vera e propria?

Significa coinvolgere il cliente finale nella progettazione. Rispetto alla progettazione normale significa creare un processo di consapevolezza, perché il fatto che ci sia un coinvolgimento continuo, e soprattutto in tutte le fasi della progettazione, permette al cliente di seguire l’evoluzione del progetto, come si modifica, come cresce, come si sviluppa.

Questa metodologia consente di sviluppare una consapevolezza intesa come capacità di diventare autonomo nella gestione di quel progetto e nella gestione degli strumenti stessi. La consulenza, quindi, diventa anche un momento di formazione per il cliente che diventa autosufficiente nella gestione e apprende quella che è la logica della struttura di un progetto efficace. Questo diventa quindi un valore aggiunto rispetto alla progettazione normale

 

Da quanto tempo vi occupate di co – progettazione e quando è nata questa passione?

Spazio S.P.I.N. è stato fondato nel 2016. La nostre passione nasce dalla sperimentazione su di noi: noi siamo stati i primi clienti di noi stessi. Abbiamo applicato ai nostri progetti delle metodologie apprese durante vari percorsi di alta formazione. Realizzando, infatti, progetti sull’apprendimento non formale, eravamo già abbastanza predisposti come facilitatori e avevamo appreso già metodologie di facilitazione. A questo abbiamo unito metodologie di service design, business design e altre metodologie come ad esempio la metodologia G.O.P.P.

 

Cosa vi piace di più di questo lavoro?

La cosa più divertente è sicuramente quella di conoscere gente che ha un sacco di idee “strampalate”. Il nostro lavoro ci consente di conoscere molte realtà innovative alle quali probabilmente non avremmo mai prestato attenzione, ma soprattutto è un lavoro che non risulta mai noioso, perché ci consente di confrontarci sempre con settori diversi, con idee e con persone diverse. Inoltre uno degli aspetti più belli è il rapporto che si instaura con i clienti, perché la facilitazione consente anche questo: creare un rapporto basato principalmente sull’empatia.

 

Qual è la vostra mission? Perché fate questo lavoro?

Poiché siamo stati i primi sui quali abbiamo sperimentato queste metodologie, facciamo questo lavoro perché ci piace supportare e accompagnare le persone a realizzare delle idee, a renderle sostenibili ed efficaci.

Eravamo convinti che dopo la laurea avremmo trovato immediatamente un posto fisso e invece quando, come spesso accade a chi esce dal mondo universitario, il mondo ci è “crollato addosso” , abbiamo capito che avremmo dovuto ingegnarci, abbiamo fatto di tutto per crearci un futuro e per farlo nella nostra terra. Crediamo sia utile andare fuori e fare nuove esperienze, ma siamo anche convinti che se le opportunità non ci sono occorre crearsele: quindi ci piace aiutare le persone a crearsi delle opportunità. In questo modo creiamo sviluppo per il nostro territorio dando degli strumenti ai giovani.

 

Cosa direste ai giovani di oggi che vorrebbero intraprendere un percorso imprenditoriale restando nella propria terra?

Credeteci, non abbiate paura di fallire e siate audaci. La paura di fallire è un concetto che ancora non siamo in grado di accettare, invece anche il fallimento è un momento fondamentale, un passaggio obbligatorio per aumentare la consapevolezza. Il fallimento e l’errore rappresentano una parte fondamentale dell’apprendimento non formale: l’importante è non arrendersi, capire l’errore e riformulare.

 

 

 

 

 

Articolo di Melita e Michele Spazio S.P.I.N.

 

L’argomento del fundraising per startup è molto articolato e complesso, poiché bisogna considerare diversi tipi di fondi e attori in campo (pubblici o privati).

Per cercare di fare chiarezza, si seguito riportiamo alcune tipologie di finanziamento per startup, con le diverse caratteristiche:

 

Crowdfunding per startup

 

Il Crowdfunding può essere definito come finanziamento o microfinanziamento dal basso, visto che mobilita risorse e persone accomunate dalla volontà di sostenere un progetto (sia esso profit o no profit) in virtù del suo valore.

Una volta definito l’obiettivo di finanziamento e una forma di ricompensa, i sostenitori sono invitati a donare una cifra a scelta.

Solitamente si distinguono due macro-categorie di crowdfunding: equity crowdfunding e reward crowdfunding.

 

Business Angel

 

I Business Angels intervengono in fase iniziale (soprattutto in fase di ideazione e di avvio, la cosiddetta fase di seed) e con investimenti “ridotti”. Solitamente i business angel forniscono, oltre al capitale, anche esperienza gestionale, competenze e network. Molto spesso, tali investitori sono mossi da interesse personale verso particolari settori o dal contributo allo sviluppo della propria comunità.

Venture Capital

 

Solitamente i VC intervengono in fasi successive rispetto ai Business Angel e con maggiori investimenti, solitamente dalla fase di startup – in cui il mercato è stato validato e l’impresa ha iniziato a fatturare – fino al raggiungimento del break-even point e dei primi profitti

I venture capital sono società finanziarie specializzate nell’investimento in capitale di rischio in startup tecnologiche. In cambio dell’investimento i VC ricevono una percentuale più o meno elevata dell’equity, a seconda della valutazione e uno o più posti nel consiglio di amministrazione.

Lo scopo del VC è guadagnare investendo laddove altre istituzioni non possono/vogliono (a causa del rischio). Per evitare il default, il personale dei Venture Capital lavora passo passo con la startup per risolvere problematiche complesse: le startup che ricevono questo tipo di fondi, devono seguire le milestone definite nel piano industriale condiviso con il VC.

 

Finanziamenti pubblici

Molto spesso, i finanziamenti pubblici per startup – a differenza dei fondi per le imprese – prevedono una buona parte di fondo perduto e si rivolgono sia a team informali che vogliono costituire una nuova startup, sia a startup già costituite che necessitano di liquidità.

Si tratta principalmente di finanziamento per debito e mai per equity perché il rischio di investire in una startup è troppo elevato e perché una simile operazione potrebbe essere considerato come aiuto di stato, e quindi dichiarato illegittimo da parte dell’UE