Con la Promo Summer Desk lavorare sarà tutta un’altra storia
In questi ultimi anni il mondo del lavoro ha subito numerose innovazioni e lo Smart Working è il nuovo sistema adottato da molte imprese
I dati a favore dello Smart working sono ben evidenziabili in una ricerca condotta da uno studio di Stanford: chi lavora da remoto è il 13% più produttivo rispetto a chi lavora in un normale ufficio.
Hai mai immaginato di vivere la tua pausa lavoro, in riva al mare con un buon caffè e i tuoi colleghi?
Impact Hub Bari, situato all’interno della Fiera del Levante, offre uno scenario lavorativo stimolante con la sua meravigliosa vicinanza al mare.
Impact Hub Bari lancia Summer Desk una promozione che permette di scoprire a pieno il mondo degli spazi coworking e aver maggior flessibilità oraria durante le ore lavorative:
attivando due mesi di postazione entro il 30 Giugno 2020, il terzo mese te lo offriamo noi!*
Lavorare nei pressi del mare è un toccasana per il corpo e la mente: un’ottima fonte per ricaricare le energie e affrontare una giornata lavorativa con più vitalità rispetto ad un semplice ufficio.
La nostra posizione offre un panorama mozzafiato accompagnato dal caloroso sole del Sud, che scalda l’animo e ravviva l’umore e il benessere psicofisico anche nelle giornata più frenetiche.
Lavorare ad Impact Hub Bari ha svariati benefici:
- Un ambiente stimolante in cui interfacciarsi con i più svariati settori del mondo del lavoro innovativo
- Un’occasione per creare nuove partnership
- La possibilità di entrare in un networking con oltre 2000 membri
- Un modo per conoscere nuove persone e stringere delle amicizie
- Un luogo dove dar vita alle tue idee e alla tua creatività.
Impact Hub Bari è uno spazio dedicato ai professionisti che decidono di immergersi in un mondo cucito su misura per tutte le imprese che vogliono rigenerare e reinventare il proprio concept.
Impact Hub Bari profuma di mare, di sole, di persone accoglienti, aspetti tipici di una terra come il Sud che lascia nel cuore emozioni indimenticabili.
*promo valida solo per free desk
Coworking: bando della Regione Puglia per il finanziamento di voucher per imprenditori e professionisti
Con il suo improvviso arrivo il Coronavirus ha messo a repentaglio non solo la salute di tutti noi ma anche il lato economico e lavorativo con importanti difficoltà per far quadrare i conti.
La Regione Puglia ha pubblicato un bando che rende possibile l’erogazione di voucher a favore di imprenditori e professionisti che svolgono la loro attività in spazi di Coworking, Makerspace/Fablab.
Gli incentivi economici sono anche rivolti a tutti quei soggetti che intendono utilizzare uno spazio condiviso per esercitare la loro attività lavorativa e il voucher messo a disposizione ammonta a 3 mila Euro.
I beneficiari dei voucher sono liberi professionisti e imprenditori residenti in Puglia, che abbiano compiuto 18 anni d’età e che svolgano un’attività professionale ed economica e che siano in possesso di tutti i requisiti previsti dall’Avviso Pubblico.
Un’occasione anche concessa agli aspiranti esercenti di attività, cioè soggetti che non sono in possesso di partita IVA, collegata all’attività che intendono costituire, ed anche agli iscritti alla Gestione separata dell’Inps Puglia, alla Camera di Commercio Industria e Artigianato.
Il voucher finanzia l’utilizzo delle postazioni o delle stanze condivise o riservate, ma anche le spese di utilizzo in postazioni open space, anche condivise. La durata minima del contratto di co-working prevede un minimo di 6 mesi e un massimo di un anno.
Un importante incentivo per tutti coloro che vogliono intraprendere un percorso lavorativo in uno spazio diverso da quello delle quattro mura in ufficio.
Uno spazio condiviso che al suo interno nasconde un nuovo modo di lavorare in un ambiente stimolante e sempre positivo per il corpo e la mente, che spinge i giovani talenti di oggi e del domani a mettersi in gioco.
Per conoscere le modalità di accesso al bando contattaci su [email protected]
Scopri tutti i dettagli del bando qui
Da oggi trovi tutti gli eventi di Impact Hub Italia su impacthub.it!
Un ricco palinsesto di eventi virtuali organizzati dagli Impact Hub di Milano, Torino, Trento, Reggio Emilia, Firenze, Roma, Bari e Siracusa e dedicati a startup, imprese, professionisti e innovatori che vogliono lasciarsi ispirare dalle tematiche ad impatto (e non solo) offerte da Impact Hub!
Sul sito troverai numerosi appuntamenti formativi e di community, aperti al pubblico oppure riservati ai soli hubbers, come le nostre masterclass in versione webinar della Workbench Series, le consulenze one-to-one con gli esperti dei Virtual Experts Corner, i Corsi Executive online e i Virtual Community Events dedicati agli hubbers.
Scopri tutti i prossimi eventi e non perdere tutte le opportunità che Impact Hub Italia può offrirti!
Articolo di Melita e Michele Spazio S.P.I.N.
L’argomento del fundraising per startup è molto articolato e complesso, poiché bisogna considerare diversi tipi di fondi e attori in campo (pubblici o privati).
Per cercare di fare chiarezza, si seguito riportiamo alcune tipologie di finanziamento per startup, con le diverse caratteristiche:
Crowdfunding per startup
Il Crowdfunding può essere definito come finanziamento o microfinanziamento dal basso, visto che mobilita risorse e persone accomunate dalla volontà di sostenere un progetto (sia esso profit o no profit) in virtù del suo valore.
Una volta definito l’obiettivo di finanziamento e una forma di ricompensa, i sostenitori sono invitati a donare una cifra a scelta.
Solitamente si distinguono due macro-categorie di crowdfunding: equity crowdfunding e reward crowdfunding.
- Nell’equity , ai “donatori” vengono cedute quote societarie (se ti interessa qui puoi approfondire l’argomento equity crowdfunding) .
- Nel reward crowdfunding, per i donatori è prevista una ricompensa: in alcuni casi, questa tipologia di crowdfunding è utilizzata per validare un prodotto su un mercato (clicca qui e scopri tutto ciò che c’è da sapere sul reward crowdfunding).
Business Angel
I Business Angels intervengono in fase iniziale (soprattutto in fase di ideazione e di avvio, la cosiddetta fase di seed) e con investimenti “ridotti”. Solitamente i business angel forniscono, oltre al capitale, anche esperienza gestionale, competenze e network. Molto spesso, tali investitori sono mossi da interesse personale verso particolari settori o dal contributo allo sviluppo della propria comunità.
Venture Capital
Solitamente i VC intervengono in fasi successive rispetto ai Business Angel e con maggiori investimenti, solitamente dalla fase di startup – in cui il mercato è stato validato e l’impresa ha iniziato a fatturare – fino al raggiungimento del break-even point e dei primi profitti
I venture capital sono società finanziarie specializzate nell’investimento in capitale di rischio in startup tecnologiche. In cambio dell’investimento i VC ricevono una percentuale più o meno elevata dell’equity, a seconda della valutazione e uno o più posti nel consiglio di amministrazione.
Lo scopo del VC è guadagnare investendo laddove altre istituzioni non possono/vogliono (a causa del rischio). Per evitare il default, il personale dei Venture Capital lavora passo passo con la startup per risolvere problematiche complesse: le startup che ricevono questo tipo di fondi, devono seguire le milestone definite nel piano industriale condiviso con il VC.
Finanziamenti pubblici
Molto spesso, i finanziamenti pubblici per startup – a differenza dei fondi per le imprese – prevedono una buona parte di fondo perduto e si rivolgono sia a team informali che vogliono costituire una nuova startup, sia a startup già costituite che necessitano di liquidità.
Si tratta principalmente di finanziamento per debito e mai per equity perché il rischio di investire in una startup è troppo elevato e perché una simile operazione potrebbe essere considerato come aiuto di stato, e quindi dichiarato illegittimo da parte dell’UE
Il più grande esperimento di Smart Working mai messo in atto
Lo Smart Working, parimenti definito anche Lavoro Agile, è una modalità di esecuzione del rapporto di lavoro caratterizzata dall’assenza di vincoli orari e spaziali: un modalità di lavoro che aiuta il lavoratore a conciliare tempi di vita e lavoro e a favore la crescita della sua produttività.
Dal 18 Febbraio scorso il Coronavirus ha varcato i confini dell’Italia e lo Smart Working nelle aree colpite dall’epidemia è stata la misura adottata da tante realtà italiane per di ridurre al minimo le possibilità di contagio.
Il Coronavirus ha di fatto obbligato molti paesi Europei, e oggi anche l’Italia, al più grande esperimento di Smart Working mai effettuato a livello mondiale.
Come ha sottolineato Mariano Corso, Responsabile Scientifico dell’Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano, «Lo Smart Working non può essere la soluzione per “bloccare” l’epidemia ma, con l’impegno di tutti, può rappresentare una misura per ridurre rischi, attenuare disagi e contenere gli enormi danni economici e sociali che questa emergenza rischia di causare. I lavoratori, e soprattutto coloro che sono già Smart Workers, devono restituire il credito di fiducia dimostrando autonomia, impegno e senso di responsabilità».
Grazie a un decreto attuativo approvato d’urgenza è applicabile da subito, anche senza un accordo preventivo con i dipendenti (così come richiede invece la Legge sul lavoro Agile del 2017), anche l’Italia ricorre allo Smart Working come misura per evitare il crollo produttivo ed economico del Paese. In particolare, il decreto attuativo del 23 febbraio 2020 n. 6 – recante le misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da SARS-CoV-2 (è questa la sigla ufficiale che indica il Coronavirus, ndr) che causa la malattia COVID-19 – prevede “la sospensione delle attività lavorative per le imprese […] ad esclusione di quelle che possono essere svolte in modalità domiciliare ovvero in modalità a distanza”. Come si legge sul testo pubblicato in Gazzetta ufficiale, la decisione è stata presa dalla Presidenza del Consiglio “ritenuta la straordinaria necessità e urgenza di emanare disposizioni per contrastare l’emergenza epidemiologica da Covid-19, adottando misure di contrasto e contenimento alla diffusione del predetto virus”.
Se è vero quindi che il lavoro Agile non è applicabile in tutti i settori, è parimenti vero che ad oggi risulta a tutti gli effetti essere l’unica modalità che consentirà al nostro Paese, esattamente come già accaduto in Cina, di non andare incontro ad un crollo totale dello sviluppo economico.
In questi ultimi giorni, sono tantissime le aziende che hanno chiesto ai loro dipendenti di lavorare in Smart Working, limitando quindi le trasferte di lavoro, come A2A, Ibm, Intesa San Paolo, Pirelli, Salini Impregilo, PwC, KPMG, Luxottica, Enel, Eni, Saipem, Snam, Vodafone.
Con le scuole chiuse e la raccomandazione di evitare posti affollati, lo Smart Working diventa quindi l’unica opzione possibile. Le aziende che, grazie alla tecnologia, si sono dotate di questa possibilità ora non solo riescono a far fronte all’emergenza più facilmente, ma saranno proprio quelle sulle quali probabilmente si baserà la salvezza della nostra economia.
Ciò che si auspica e che, ad emergenza finita, sempre più aziende adottino misura di Smart Working che ha tra i suoi più grandi benefici l’incremento della produttività dei lavoratori, l’incremento del benessere e del bilanciamento tra lavoro e famiglia.
Che cos’è il public speaking?
Il public speaking è un modo efficace di comunicare informazioni in pubblico.
Questa tecnica interessa imprenditori, formatori, organizzatori di eventi o congressi e tutti coloro che devono interfacciarsi con un ampio pubblico.
Il public speaking rappresenta un vero e proprio valore aggiunto con il quale trasmettere informazioni o catturare l’attenzione di un gruppo di persone.
In base all’obiettivo che si vuole raggiungere bisogna essere in grado di persuadere il pubblico per far comprendere il messaggio che può informare, influenzare o intrattenere con interesse.
Quanto è importante la preparazione prima di un public speaking?
Un ottimo modo per affrontare al meglio il public speaking è sicuramente avere una buona preparazione e dedicare uno studio approfondito a ciò che si esporrà, a come farlo e conoscere il pubblico.
Conoscere queste informazioni apporta numerosi benefici e rappresenta una linea guida da seguire per impostare un intervento, prima di conoscere le eventuali strategie da mettere in atto.
A volte, però, la preparazione che è fase iniziale per una comunicazione efficace, va trascurata: se non si conosce bene l’argomento da trattare, il discorso non otterrà attenzione.
È necessario conoscere ciò di cui si discuterà, in modo da poter rispondere esaustivamente anche ad eventuali domande e far capire al pubblico di essere professionali e preparati sull’argomento trattato.
Essere preparati consente di concentrarsi maggiormente sulle modalità di esposizione: per queste motivazioni è consigliabile studiare e provare l’esposizione, per aver una maggiore sicurezza e padronanza del discorso.
Bisogna dimostrare a chi si ha di fronte non solo che si è sicuri di ciò che si esprimerà, ma mostrare in particolar modo entusiasmo.
Un’altra buona abitudine da adottare è sorridere mentre si parla: un sorriso spontaneo arriverà al pubblico, creando un’atmosfera positiva e un ambiente informale.
Applicando questi piccoli ma significativi accorgimenti la comunicazione risulterà molto più incisiva, rendendo gli interlocutori più propensi all’ascolto e alla comprensione del discorso.
Un buon public speaker può trarre benefici personali e comunicativi dalla sua performance:
- Accrescere il proprio livello di autostima
- Migliorare la propria vita personale
- Sviluppare la propria vita professionale
- Aumentare la propria capacità di leadership
- Aumentare le possibilità di guadagno o di carriera
Quali sono gli errori da evitare?
- La paura di sbagliare: se è la prima volta che si affronta un discorso in pubblico, la paura di sbagliare èevidente, ma al contrario deve rappresentare la chiave per mettersi in gioco e dar il meglio di sé. L’attenzione principale non deve ricadere su chi espone il discorso, ma deve privilegiare gli uditori.
- Limitare il campo visivo: se si è nervosi o non a proprio agio si rischia di non riuscire a guardare il pubblico, osservando il vuoto o addirittura il fondo della nostra platea. Anche non essere in grado di esprimere le emozioni attraverso il volto, rappresenta un punto sfavorevole.
Al contrario, gli interlocutori sono molto influenzati dalle espressioni facciali che donano ad ogni singola parola pronunciata maggior enfasi. - Non avere senso dell’umorismo: vi sentireste a vostro agio con qualcuno che si prende troppo sul serio?
Sicuramente no, ma rilassarsi e lasciarsi andare a qualche lieve battuta, sicuramente rende l’argomento più fluido. - Utilizzo di un linguaggio lineare e mancanza di materiale audiovisivo: parlare per ore e non supportare il discorso con del materiale audiovisivo, rende il target annoiato e disinteressato.
Inoltre, il sostegno di materiale audiovisivo, focalizza meglio l’attenzione sulla conferenza, ed è un elemento che crea autorevolezza a supporto della tesi e in caso di piccoli errori è utile per ricondurre il nostro speaker sulla giusta via del discorso. - Avvalersi di un linguaggio troppo settoriale o con termini troppo complessi può non essere compreso dalla folla.
È preferibile adottare il lessico appropriato in base al pubblico che abbiamo di fronte che possono essere
competenti o completamente estranei in materia. - Non prediligere un solo ton of voice: il tono di voce e il volume non devono andare di pari passo in ogni
momento del discorso. Questi due elementi aiutano a dare il giusto senso a ciò che si vuol esprimere e conquistare l’attenzione del pubblico.
Siete pronti a sfidare voi stessi e ad affrontare un ampio pubblico con maggior convinzione?
Essere speaker è un percorso che richiede preparazione, tempo, pazienza, determinazione e tanta pratica
sul campo.Solo superando le proprie paure, l’ansia da prestazione e l’insicurezza in sé stessi si diventerà abili oratori in grado di affrontare qualsiasi folla, ma per sopperire a ciò bisogna studiare al meglio tutte le pratiche e i trucchi del public speaking.
Non abbiate paura, l’ansia da prestazione conferirà quel pizzico in più di adrenalina, per spiccare il volo, al di sopra delle nostre aspettative.
Gli effetti positivi del coworking sul nostro benessere psicofisico
Quotidianamente siamo sopraffatti dallo stress quotidiano, soprattutto in ambito lavorativo dove le scadenze sembrano incombere giorno dopo giorno.
Così, con il passare del tempo, ci trasformiamo in produttori giornalieri di cortisolo, l’ormone dello stress, con ricadute anche sulla vita personale e relazionale, oltre che su quella professionale.
Capitano poi, e neanche raramente, dei periodi in cui proprio nell’ambito professionale ci ritroviamo davanti a dei momenti di grande difficoltà, dovuta a un sovraccarico o a delle problematiche che possono sembrarci irrisolvibili, soprattutto se ci troviamo nella così detta “crisi del problem solver”. Sotto stress, infatti, anche la nostra capacità di risolvere problemi viene intaccata, facendoci sentire sempre più stanchi, inadatti o addirittura incapaci nell’affrontare questioni che richiedono un certo grado di difficoltà.
Quello che dimentichiamo troppo spesso è che, in questi momenti, tendiamo a chiuderci in noi stessi e ad affrontare la realtà da soli piuttosto che aggrapparci alle persone che ci circondano.
Nel bel mezzo della “tempesta” ciò che è davvero importante per il nostro successo è ancorarci agli altri. Il supporto sociale è la chiave di svolta che può letteralmente salvarci nei momenti in cui abbiamo maggiormente bisogno. Le persone di maggior successo, infatti, piuttosto che chiudersi verso l’interno, si stringono di più intorno al loro supporto sociale, investendo su questo punto di forza. In tale maniera diventano individui più felici, più produttivi, più energici e più resilienti.
Quando siamo circondati da una comunità di persone su cui possiamo contare moltiplichiamo le nostre risorse emotive, intellettive e fisiche.
In uno studio chiamato “Very Happy People” i ricercatori provarono a scoprire quali fossero le caratteristiche di coloro che rientrano nel 10% delle persone più felici in assoluto e ne risultò che la sola caratteristica che contraddistingueva gli individui che appartenevano a quel 10% era la forza delle loro interazioni sociali [Il vantaggio della felicità, Shawn Achor, 2010].
Molti studi dimostrano che le interazioni positive durante la giornata lavorativa aiutano il sistema cardiovascolare a ritornare ai livelli di riposo. Questo, a lungo andare, funge da sistema protettivo dagli effetti negativi dello stress lavorativo.
Ogni connessione positiva con gli altri, infatti, abbassa i livelli di colesterolo (l’ormone legato allo stress), aiutando ciascuno di noi a riprendersi più velocemente dalle tensioni quotidiane. Il nostro supporto sociale fa in modo che lo stress non diventi un ostacolo per il raggiungimento dei nostri obiettivi, aiutandoci a sfruttare meglio i nostri punti di forza. Più ci sentiremo a nostro agio con le relazioni nel nostro ambiente lavorativo maggiore sarà la nostra efficacia.
Proprio per questo motivo lavorare in uno spazio di coworking ha dei vantaggi soprattutto sul benessere dei lavoratori, oltre che ai vantaggi economici e quelli derivanti dal rafforzamento della rete professionale.
Questo vale a maggior ragione per i liberi professionisti (o freelance) che solitamente lavorano da casa o da un piccolo ufficio in proprio. Poter trascorrere le pause pranzo o le pause caffè con altre persone ci aiuta non solo a stimolare il nostro pensiero creativo e a confrontarci, potendo guardare gli aspetti lavorativi da diversi punti di vista, ma soprattutto a sviluppare la nostra capacità empatica, a tutelarci dallo stress lavorativo e a farci sentire parte di un sistema sociale.
Per questo anche sempre più aziende virtuose scelgono di situare le proprie sedi operative all’interno di spazi di coworking: i dipendenti si sentono più felici e i dipendenti più felici sono scientificamente più produttivi, con un risparmio annuale sul bilancio aziendale.
Quanto e perché è importante la responsabilità sociale d’impresa?
Scopriamolo insieme in questo articolo.
Articolo di Valeria Fratellini
Ad oggi il mercato moderno è caratterizzato dalla presenza di consumatori sempre più attenti alla qualità dei beni e dei servizi offerti dalle aziende.
I mass media, ma soprattutto l’avvento dei social e del web, hanno influenzato il pensiero del consumatore sui suoi potenziali acquisti.
I consumatori non valutano più le aziende solo per la qualità dei beni e servizi che vengono offerti, ma anche al modo in cui le imprese operano, con particolare riferimento al concetto di responsabilità sociale d’impresa, spesso indicato con l’acronimo RSI.
Ad esempio, inquinando l’ambiente, facendo largo utilizzo di plastica o non rispettando le adeguate norme di sicurezza all’interno della struttura lavorativa, si andrà molto probabilmente ad influire negativamente sulla branding reputation dell’impresa stessa.
Il cliente scontento dal comportamento delle aziende non acquisterà più i loro prodotti andando così ad incidere a lungo termine sulla diminuzione dei ricavi di vendita e, di conseguenza, del valore del brand.
La responsabilità sociale d’impresa è la dimostrazione concreta delle piccole, medie e grandi imprese di saper gestire in modo adeguato le problematiche d’impatto sociale ed etico al loro interno e nelle zone di attività.
L’elemento che contraddistingue questo fenomeno consiste nel far andare di pari passo l’economia con l’aspetto sociale, che crea valore aggiunto, per tutto ciò che riguarda un’azienda al suo interno e all’esterno.
In che ambiti opera la responsabilità sociale d’impresa?
La sua applicazione si traduce in:
- Sostenibilità: un utilizzo consapevole ed efficiente delle risorse ambientali in quanto beni comuni, ha come scopo la valorizzazione delle risorse umane e contribuisce allo sviluppo della comunità locale in cui l’azienda opera, mantenendo uno sviluppo economico dell’impresa nel lungo termine.
- Volontarietà: come azioni svolte in modo autonomo, oltre agli obblighi di legge.
- Trasparenza: ascolto e dialogo con i vari portatori di interesse diretti e indiretti d’impresa.
- Qualità: in termini di prodotti e processi produttivi.
- Integrazione: visione e azione coordinata delle varie attività di ogni direzione e reparto, a livello orizzontale e verticale, su obiettivi e valori condivisi.
Quali sono i vantaggi della Responsabilità sociale d’impresa?
La Responsabilità sociale d’impresa induce dei vantaggi rivoluzionari e innovativi.
- Distingue e valorizza i brand non solo in termini di prodotto, ma come cultura e reputazione d’impresa, elemento
distintivo e di credibilità verso il consumatore e soprattutto fattore di maggiore competitività sul mercato. - Consente di distinguersi strategicamente dai competitors per una migliore reputazione, sia in termini di prestazioni commerciali che di prestazioni sociali.
- Consente di valorizzare quei fattori intangibili come la crescita intellettuale, professionale, relazionale di dipendenti e collaboratori, andando così ha determinare il successo dell’impresa nel tempo.L’affermazione dei suoi valori dipende dal processo attraverso il quale questi ultimi si traducono come
eterne virtù che ogni azienda dovrebbe prendere in considerazione, per migliorare il proprio capitale
umano.
Ognuno è responsabile di ciò che accade e ha il potere di decidere che cosa vuole essere. Quello che siete oggi è il risultato delle vostre decisioni e scelte passate. Quello che sarete domani sarà il risultato delle vostre azioni di oggi.
(Swami Vivekananda)
Aphel: l’intelligenza artificiale che rivoluzionerà il settore ospedaliero
Marco Morisco, project leader di Aphel, è membro di Impact Hub Bari dal 2019; l’azienda per cui opera, Predict Care, commercializza sistemi ecografici e radiologici di imaging diagnostico e sviluppa tecnologie innovative nel settore dell’healthcare, come Optip e Mistral.
Lo abbiamo intervistati per conoscere meglio la storia di Aphel
Intervista di Viviana Guarini e Valeria Fratellini
Cos’è Aphel ?
Aphel è un robot umanoide sociale, dotato di intelligenza artificiale. Si muove in autonomia, provvisto di telecamera e riconoscimento facciale.
Quale sarà l’utilizzo di Aphel e quando sarà sul mercato?
Aphel sarà impiegato in ambito ospedaliero e posizionato all’info point in quanto è in grado di interagire con l’utenza, indirizzando il paziente verso la destinazione richiesta, in modo da soddisfare sempre a pieno le sue esigenze. Inoltre verrà impiegato anche come supporto ludico per i bambini, è farà anche da sentinella in reparto.
Sarà sul mercato a partire da Dicembre.
Qual è il suo punto di forza?
È un valido accompagnatore per il personale infermieristico, in modo che si abbia più tempo per la cura del paziente. In questo modo si ottimizzano i tempi di erogazione del servizio, con una maggiore attenzione alle esigenze e cure da donare ai pazienti.
Come nasce il progetto e qual è la vostra misson?
Il progetto nasce da un viaggio in Cina in cui abbiamo conosciuto un’azienda produttrice di robot Ubteck, con la quale è stata sviluppata una partnership. La nostra mission è penetrare il settore ospedaliero rendendolo innovativo e funzionale dal punto di vista tecnologico.
Aphel sarà impiegato anche in altri settori?
La società sta avviando delle sperimentazioni per quanto riguarda il supporto robotico nei musei come sostituto dell’audio guida. Con l’intelligenza artificiale all’interno dei musei si ha l’opportunità di avere un’assistente personalizzato instancabile, attento alle richieste dei visitatori ed è soprattutto un’occasione, per Aphel, apprendere nuove nozioni, grazie alle domande che vengono poste.
“Il miglior modo di predire il futuro è inventarlo”
“Credici, non aver paura di fallire e sii audace”: così Michele e Melita aiutano i giovani a restare nella propria terra
Melita Messina e Michele Giovinazzo, membri di Impact Hub Bari dal 2017, sono i founders di Spazio S.P.I.N., uno spazio di co-progettazione per l’innovazione, che si occupa di accompagnamento nella formulazione e nella gestione di progetti di business innovativi, facilitando l’accesso a bandi e finanziamenti.
Li abbiamo intervistati per conoscere meglio la loro storia.
Intervista di Viviana Guarini
Cosa significa co – progettare e in cosa si differenzia dalla progettazione vera e propria?
Significa coinvolgere il cliente finale nella progettazione. Rispetto alla progettazione normale significa creare un processo di consapevolezza, perché il fatto che ci sia un coinvolgimento continuo, e soprattutto in tutte le fasi della progettazione, permette al cliente di seguire l’evoluzione del progetto, come si modifica, come cresce, come si sviluppa.
Questa metodologia consente di sviluppare una consapevolezza intesa come capacità di diventare autonomo nella gestione di quel progetto e nella gestione degli strumenti stessi. La consulenza, quindi, diventa anche un momento di formazione per il cliente che diventa autosufficiente nella gestione e apprende quella che è la logica della struttura di un progetto efficace. Questo diventa quindi un valore aggiunto rispetto alla progettazione normale
Da quanto tempo vi occupate di co – progettazione e quando è nata questa passione?
Spazio S.P.I.N. è stato fondato nel 2016. La nostre passione nasce dalla sperimentazione su di noi: noi siamo stati i primi clienti di noi stessi. Abbiamo applicato ai nostri progetti delle metodologie apprese durante vari percorsi di alta formazione. Realizzando, infatti, progetti sull’apprendimento non formale, eravamo già abbastanza predisposti come facilitatori e avevamo appreso già metodologie di facilitazione. A questo abbiamo unito metodologie di service design, business design e altre metodologie come ad esempio la metodologia G.O.P.P.
Cosa vi piace di più di questo lavoro?
La cosa più divertente è sicuramente quella di conoscere gente che ha un sacco di idee “strampalate”. Il nostro lavoro ci consente di conoscere molte realtà innovative alle quali probabilmente non avremmo mai prestato attenzione, ma soprattutto è un lavoro che non risulta mai noioso, perché ci consente di confrontarci sempre con settori diversi, con idee e con persone diverse. Inoltre uno degli aspetti più belli è il rapporto che si instaura con i clienti, perché la facilitazione consente anche questo: creare un rapporto basato principalmente sull’empatia.
Qual è la vostra mission? Perché fate questo lavoro?
Poiché siamo stati i primi sui quali abbiamo sperimentato queste metodologie, facciamo questo lavoro perché ci piace supportare e accompagnare le persone a realizzare delle idee, a renderle sostenibili ed efficaci.
Eravamo convinti che dopo la laurea avremmo trovato immediatamente un posto fisso e invece quando, come spesso accade a chi esce dal mondo universitario, il mondo ci è “crollato addosso” , abbiamo capito che avremmo dovuto ingegnarci, abbiamo fatto di tutto per crearci un futuro e per farlo nella nostra terra. Crediamo sia utile andare fuori e fare nuove esperienze, ma siamo anche convinti che se le opportunità non ci sono occorre crearsele: quindi ci piace aiutare le persone a crearsi delle opportunità. In questo modo creiamo sviluppo per il nostro territorio dando degli strumenti ai giovani.
Cosa direste ai giovani di oggi che vorrebbero intraprendere un percorso imprenditoriale restando nella propria terra?
Credeteci, non abbiate paura di fallire e siate audaci. La paura di fallire è un concetto che ancora non siamo in grado di accettare, invece anche il fallimento è un momento fondamentale, un passaggio obbligatorio per aumentare la consapevolezza. Il fallimento e l’errore rappresentano una parte fondamentale dell’apprendimento non formale: l’importante è non arrendersi, capire l’errore e riformulare.