Growth Hacking: un processo di crescita per imprese e start up

Negli ultimi anni la sfera del marketing è stata interessata da una vera e propria rivoluzione che visto come protagonista il Growth Hacking.
Il Growth Hacking è applicato maggiormente da startup digitali e innovative e da tutti coloro che voglio accelerare la crescita del proprio business e migliorare le performance di vendita.

Che cos’è e com’è nato il Growth Hacking?

Il termine è stato coniato nel 2010 dall’imprenditore Sean Ellis investitore, consulente di startup e CEO di GrowthHackers.

Sean Ellis ha attribuito la definizione a questo innovativo processo: “Il growth hacking è un processo di rapida sperimentazione attraverso una serie di canali di marketing per individuare i modi più efficaci per far crescere un business.”
Il Growth Hacking si è diffuso maggiormente negli Stati Uniti e l’argomento solo da qualche tempo è stato preso in considerazione dall’Europa, ma solo in questi anni si inizia a registrare un ampio interesse verso questo nuovo processo.

Come aiuta un esperto di Growth Hacking un’ impresa?

L’approccio del Growth Hacking permette di espandere uno degli obiettivi più importanti di un’impresa o da una startup come l’ottimizzazione del tasso di conversione, detta anche CRO, acronimo di Conversion Rate Optimization

Il Growth Hacker aiuta l’impresa:

Il Growth Hacking rappresenta un ottimo e importante processo attraverso il quale l’analisi profonda dei dati e le capacità creative possono portare ad una visione del futuro e dell’espansione di un’impresa.

Comunicazione e turismo: un legame alla ricerca della sicurezza.

 

Il turismo è sempre stato il fiore all’occhiello della nostra meravigliosa Italia.

Il post lockdown ha lasciato spazio alla bella stagione e al desiderio di lasciarsi alle spalle questi mesi difficili, con una rigenerante vacanza o qualche giorno in assoluto relax. Anche il mondo della comunicazione digitale ha subito importanti cambiamenti, ma questo non ha scoraggiato i più coraggiosi, che hanno rimesso in discussione il loro operato per far fronte alla stagione estiva ed essere pronti a soddisfare una domanda oggi, ancor di più esigente.

Quali sono le strategie più efficaci?

 

È importante dimostrarsi partecipi del momento e impegnati nel trovare le corrette norme di sicurezza per andare incontro ad una domanda sempre più attenta a logiche legate a igiene, sanificazione, buone prassi di pulizia e distanziamento sociale.

Per queste ragioni come primo obiettivo si punta ad elevati standard di pulizia e sanificazione degli ambienti, prevedendo ad esempio la sanificazione con trattamenti a ozono, dispenser di sapone e gel mani in zone condivise.

Tutte queste buone azioni è opportuno comunicarle, per rassicurare i consumatori per tutto il periodo della vacanza.

 

Occorre sfruttare al meglio tutti gli strumenti di comunicazione per far capire alla clientela che l’attività della struttura ricettiva prosegue.

L’obiettivo della comunicazione turistica è quello di far percepire il brand attraverso alcuni espedienti:

 

Sui social network in modo specifico è importante riprendere i concetti e gli obiettivi alla base della nostra strategia editoriale legata al post Covid.

Per queste ragioni è fondamentale creare dei contenuti che valorizzino la mission e i servizi offerti, con un particolare focus su:

 

Non puntare solo sulla comunicazione social ma anche su una strategia di invio di newsletter suddivise per tipologia di destinatario, le offerte di lancio per la stagione estiva, disponibilità di servizi aggiuntivi per gli ospiti.

Una buona prassi è quella di pensare a delle campagna basate sulle conversioni e sul remarketing rivolto a chi già ci conosce il brand

Secondo uno studio dell’Osservatorio turistico il 40% degli ospiti è propenso a ripetere la vacanza presso una struttura che ben conosce.

I social e la newsletter sono perfetti alleati per comunicare in questo periodo.

 

Rispondere alle recensioni è sempre una buona pratica per qualsiasi brand. Un profilo social curato, attivo e che risponde tempestivamente a messaggi e recensioni ha sempre un buon impatto su chi legge.

 

Resilienza e serenità sono due importanti parole chiave che puntano ad adattare la comunicazione ai bisogni dei clienti e alle difficoltà, valorizzando le attrattive della propria realtà in modo responsabile, mostrandosi empatici e sensibili verso il fenomeno.

Negli ultimi periodi tutti sono molto attenti all’ecologia e alla tutela dell’ambiente, scoprendo nuove modalità per rispettare tutto ciò che ci circonda.

In Italia, dopo il periodo di lockdown è stato introdotto un bonus per l’acquisto di monopattini elettrici sotto forma di incentivo economico che favorisce l’acquisto di soluzioni di mobilità in linea coi tempi moderni.

Grazie al monopattino elettrico, tutte le azioni quotidiane risultano semplificate, compresa l’azione di raggiungere il posto di lavoro ogni giorno.

Inoltre si evita il traffico che si potrebbe incontrare utilizzando un qualsiasi mezzo di trasporto, al riparo dal rischio di arrivare tardi a lavoro.

Quali sono i vantaggi dell’utilizzo del monopattino?

Ecco tutte le risposte e 4 buoni motivi per scegliere il monopattino:

1.Ecologia

Il monopattino è un mezzo molto ecologico. Non produce fumi né emissioni perché non brucia alcun carburante. La velocità è data semplicemente dalla spinta meccanica del conducente.

Utilizzare il monopattino è salutare non solo per chi lo utilizza ma soprattutto per l’ambiente.

2. Praticità

Sempre più adulti lo utilizzano anche per andare a lavoro. Si evita di essere alle prese con il traffico tutte le mattine, rischiando di arrabbiarsi oppure di fare tardi.

È anche una fonte di risparmio economica perché non si effettua la benzina dell’automobile oppure l’abbonamento per i mezzi pubblici.

Il monopattino può essere parcheggiato ovunque, quindi si elimina anche questo problema evitando nervosismi inutili.

3. Salute

Uno dei benefici più importanti che un monopattino apporta è proprio quello alla salute. Una corsa in monopattino implica il movimento di tutto il corpo e le gambe ne trarranno vantaggio.

L’attività fisica stimola la circolazione del sangue, brucia i grassi e scongiura moltissimi tipi di malattie dovute alla vita sedentaria.

4. Semplicità

È molto semplice da utilizzare e guidare. All’inizio bisogna prendere un po’ di dimestichezza con il sistema, cercare di mantenere l’equilibrio e coordinare tutti i movimenti. Con un po’ di allenamento, coscienza e buonsenso, avremo un nuovo mezzo di trasporto comodo e utile per raggiungere il posto di lavoro, lontani dallo smog della città.

 

Lavorare in team significa acquisire fiducia verso gli altri collaboratori, motivare il gruppo di lavoro e creare coesione e integrazione tra tutti i componenti. Non è sempre facile far combaciare tutti i pezzi del puzzle, in particolar modo in ambito lavorativo è molto complicato, ma non impossibile.

Le attività di team building e di team working possono facilitare la comunicazione, stimolare la creatività, far emergere la leadership, educare al lavoro per obiettivi, sviluppare l’empatia e l’ascolto, valutare il potenziale e le attitudini, avvicinare management e personale operativo.

Che cos’è il team building?

 

Il team building mira a favorire la comunicazione e a stabilire un clima di fiducia e di collaborazione tra i componenti di un gruppo, in particolare tra i dipendenti. Comprende le tattiche e le azioni intraprese da un’organizzazione o dai suoi leader per costruire un team efficace e che sia duraturo nel tempo.

Fino 15-20 anni fa il team building era utilizzato solo in rari casi da lungimiranti dirigenti aziendali con pregresse esperienze manageriali condotte in Nord Europa o in America. Non importa che si tratti di una società di servizi o che sia un e-commerce che vende beni materiali: le pratiche di team building non fanno riferimento ad un solo settore ma a qualsiasi modello di lavoro.

Il Team Building predilige il lavoro in piccoli gruppi focalizzati sul completamento di diverse tipologie di attività.

Una ricerca effettuata da TEAMBUILDING EXPERIENCE, la prima società italiana specializzata nella costruzione, motivazione e sviluppo di gruppi di lavoro attraverso le migliori metodologie esperenziali, di team building e di coaching riporta che nel 2014 le aziende di tutto il mondo hanno speso 130 miliardi di dollari in vari programmi di formazione, alcuni dei quali riguardavano il team building.

Questo ci porta a pensare che più saranno felici i dipendenti e più si avrà successo e voglia di raggiungere obiettivi a lungo termine.

Come si definisce un team di lavoro?

Perché un gruppo possa essere definito un “team” in un contesto aziendale, deve soddisfare determinati requisiti:

Spesso i team di lavoro sono strutturati da persone con competenze diverse ma complementari, come possiamo vedere in ambito digital, dove la figura del copywriter deve essere accompagnata da un art director.

Le loro skills così diverse si uniscono per produrre un risultato comune: una campagna social di advertising.

Quali sono le attività di team bulding da mettere in pratica?

La cena con delitto, ad esempio, è una forma di intrattenimento molto utilizzata per le cene aziendali, che si configura come uno spettacolo teatrale e un gioco di investigazione. I componenti, divisi in squadre, assistono alla messa in scena degli attori- tra una portata e l’altra. Vince la squadra in grado di risolvere il giallo e riconoscere l’assassino, basandosi sugli indizi svelati dagli attori nei vari sketch. I partecipanti alla cena sono anche coinvolti direttamente: sono chiamati sul palco in qualità di sospettati e possono così mettersi in gioco recitando.

Rendere ogni singolo componente del team parte integrante non solo del lavoro ma anche nella vita privata mira a creare e costruire insieme agli altri qualcosa di unico e speciale.

Un’altra imperdibile attività è quella dell’escape room, una novità in Italia comparsa da pochi anni. Collaborazione e cooperazione sono gli aggettivi che descrivono al meglio questa attività.

Ci si divide in squadre, composte di solito da 3-6 persone e tutti i componenti si immedesimano in una storia reale e si ha a disposizione un’ora di tempo per risolvere tutti gli enigmi. Tutti i componenti vengono rinchiusi in una stanza che al suo interno nasconde indizi molto importanti per sbloccare il livello successivo e quindi l’apertura degli altri ambienti. Il team che attraverso un duro e compatto lavoro di squadra sbloccherà l’ultima stanza, prima che il tempo scada, vincerà.

Un attività utile e stimolante che punta a far emergere le qualità di ogni singolo giocatore, vitali per il gioco e tutti i componenti in un clima adrenalinico e avventuroso.

 

Un team che si fonda sulla parola build, che vuol dire costruire, può rendere possibile un futuro contornato di sfide da vincere solo insieme, perché l’unione fa la forza e la forza è composta da persone.

Content marketing: la chiave vincente nel web

Che cos è il Content Marketing?

Il Content Marketing prevede la creazione e condivisione di media e contenuti editoriali con l’obiettivo di acquisire clienti e monetizzare un sito web. Le informazioni possono essere visualizzate dagli utenti in molti modi diversi tra cui news, video, e-books, infografiche, guide, articoli e foto. Lo scopo principale del Content Marketing è quello di far conoscere il proprio brand al cliente e instaurare un legame stabile che sia duraturo nel tempo.

Le aziende e i professionisti credono fortemente che il web sia una risorsa di fondamentale importanza, nella quale si ha la percezione che rappresenti una strada da inseguire, una rivoluzione digitale che nel corso degli anni ha apportato innovazione nel mondo della comunicazione.

Una strategia di Content marketing ben studiata è basata su un sito ben strutturato, una campagna di successo su Google, un canale social ben gestito e con contenuti di valore che sono determinanti per le sorti di un brand.

 

Perché intraprendere la strada del Content Marketing?

 

Le motivazioni che spingono ad interfacciarsi nel mondo del Content Marketing sono:

  1. Il marketing tradizionale diventa esperienziale: l’utente è alla ricerca di un contenuto che in prima persona lo veda protagonista.
  2. Il Content marketing attrae utenti: c’è stato un passaggio da tecniche pubblicitarie martellanti e senza interruzioni a tecniche che grazie al loro impatto comunicativo e visuale sono in grado di attrarre gli utenti.
  3. Il Content Marketing crea legami virtuali con gli utenti: gli utenti raccontano la loro esperienza con il brand ad amici e parenti, diventando alleati e creando un passaparola per il brand, grazie all’esperienza positiva.

 

Alla base del Content Marketing c’è una strategia che consiste nel pianificare, creare la gestione dei contenuti, che sia in linea sia con gli obiettivi aziendali e con il target di riferimento.

Dopo la pianificazione e la gestione dei contenuti un’altra scelta molto importante è quella dei canali sui quali veicolare i contenuti e il piano di comunicazione.

L’utilizzo dei canali informativi classici come comunicati stampa, articoli di riviste è diminuito favorendo i canali digitali.

Una delle attività più importanti di una content strategy è l’ascolto e la gestione delle conversazioni in rete relative ai contenuti prodotti.

Riguarda le conversazioni prodotte dagli utenti che parlano dei contenuti stessi dove il brand deve monitorare i feedback e i commenti e rispondere tempestivamente tutelando la propria reputazione.

Un piano di content marketing efficace deve rispondere a queste 3 domande:

La creazione di un piano editoriale è un’ottima guida che prevede un programmazione precisa delle attività da mettere in atto.

È consigliabile realizzare un vero e proprio calendario in cui si definisce giorno per giorno quali argomenti trattare, indicare date e orari precisi per messaggi da veicolare sui social media, email e newsletter.

 

Riassumendo, quindi, gli step per mettere in atto una buona strategia di content marketing sono:

 “Il marketing non è più questione di ciò che sai produrre ma della storia che sai raccontare” (Seth Godin)

 

Articolo di Melita e Michele Spazio S.P.I.N.

 

Nel mondo delle startup si sente spesso parlare di validazione dell’idea di business, ma spesso c’è molta confusione in merito al concetto: cosa vuol dire “validare”? Cosa devo validare e a cosa serve la validazione?

 

Possiamo dire che il concetto di validazione – applicato al mondo delle startup – prende piede grazie alla metodologia del Lean Startup, cioè quell’approccio che applica i principi della produzione leggera (Metodo Toyota) al processo di creazione e sviluppo di una startup, evitando inutili sprechi di risorse.

 

Tornando alla domanda iniziale: cosa significa validazione?

Nel mondo delle startup, validare una idea di business significa avere una risposta concreta alle ipotesi/presupposti su cui si basa il progetto di impresa, cioè una risposta a quelle che Eric Ries (il padre del movimento Lean Startup, di cui qui trovate il sito ufficiale) chiama le ipotesi fiduciarie (ipotesi sul valore e sulla crescita).

 

Tale ragionamento è fondamentale se si considera che una startup – rispetto ad una comune impresa – si distingue perché si muove in una condizione di incertezza:

 

Il metodo Lean Startup ha messo a punto un approccio che è in grado di dare una risposta a tutte queste domande, da un lato, evitando la scuola imprenditoriale del “Just do it” (totale assenza di strategia), dall’altro evitando di cadere nella paralisi analitica, cioè nell’elaborazione e rielaborazione di piani imprenditoriali astratti perché poco basati sul contatto con i clienti.

 

Ecco allora che interviene il concetto di validazione: quel processo che ci consente di verificare le nostre ipotesi di business, mediante test empirici condotti sui nostri clienti: nella realizzazione dei test, diviene fondamentale la realizzazione di un MVP (Minimum Viable Product o, in italiano, MPF (Minimo Prodotto Fattibile).

Ma cosa è un MVP?

Un MVP è la ricostruzione del nostro prodotto o servizio realizzata nel modo più veloce e più economico possibile.

Possiamo dire che un MVP è un prototipo?

Nelle prime fasi di un sviluppo di una startup possiamo dire sicuramente di no o forse è meglio parlare di “pre-totipo”: a differenza di un prototipo, infatti, un MVP risulterà essere molto meno raffinato e “bello da vedersi” e con pochissime funzionalità.

Nella fase iniziale, ciò che rileva è che l’MVP sia efficace e ci aiuti a raggiungere il nostro scopo: condurre dei piccoli test e avere le risposte, i dati che cerchiamo, nel minor tempo e al più basso costo possibile.

Ovviamente, trattandosi di un processo iterativo, il grado di complessità di un MVP varia tantissimo a seconda della fase in cui la startup si trova.

 

Si passa dagli Smoke Test (test preliminari estremamente semplici, per verificare se il prodotto funziona o è difettoso, o per verificare se ha un appeal verso il nostro potenziale mercato, è il caso ad esempio una landing page) fino ad arrivare ai primi prototipi veri e propri, con una serie di caratteristiche mancanti.

In alcuni casi, si fa ricorso al cosiddetto “Mago di OZ”: è un MVP che – dal lato consumatore – dà l’illusione che un prodotto/servizio sia completamente funzionante, ma nella realtà il funzionamento dello stesso non è assolutamente automatizzato, ma è fatto in modo completamente manuale dagli operatori dell’impresa (classico esempio è quello di uno dei primi e-commerce di scarpe, Zappos).

Un ulteriore esempio può essere quello del Reward Crowdfunding: alcune startup – pur non avendo effettivamente iniziato la produzione del proprio prodotto finito – lo mettono come ricompensa del crowdfunding. Molto spesso, chi fa un’operazione del genere, infatti, ha un prototipo del proprio prodotto e vuole validare il mercato, verificando l’interesse dei potenziali acquirenti.

 

Come trasformare un momento di crisi in una possibilità di evoluzione? L’E-learning per fronteggiare il Coronavirus

Per far fronte all’emergenza Coronavirus che sta interessando il nostro Paese da Nord a Sud, il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte con il DPCM del 10 Marzo “Io resto a casa”, ha decretato la chiusura di tutte le strutture didattiche di ogni grado fino al 3 Aprile.

Una scelta drastica, ma intrapresa per tutelare la salute di tutti i ragazzi e degli insegnanti.

Tutti gli istituti italiani hanno deciso di continuare a far svolgere le normali attività didattiche a casa, attraverso le piattaforma di E – learning.

L’E – learning si serve dell’uso delle tecnologie multimediali e di Internet per migliorare la qualità dell’apprendimento facilitando l’accesso alle risorse e ai servizi, così come anche agli scambi in remoto e alla collaborazione a distanza.

Le modalità più utilizzate sono le piattaforme in streaming, YouTube, o con app dedicate o l’invio dei compiti ai genitori dei attraverso le chat di gruppo su Whatsapp.

Il ministero dell’Istruzione ha realizzato una pagina web dedicata alla didattica a distanza in collaborazione con l’Indire e in un giorno oltre 2000 docenti hanno partecipato ai seminari interattivi di formazione messi a disposizione. “Una partecipazione che testimonia, ancora una volta, la capacità di reazione da parte della scuola italiana”, ha detto nei giorni scorsi la ministra Lucia Azzolina.

 

Durante queste settimane gli studenti utilizzeranno l’applicazione Google Edu. Google, infatti, mette a disposizione di università e scuole di tutt’Italia questo dominio, un grosso contenitore che comprende una piattaforma chiamata Classroom.

Ogni insegnante può aprire la propria classe virtuale e iscrivere gli alunni che possono frequentare le lezioni online.

È attivo uno scambio di materiale, ricerche e compiti da assegnare.

Il docente ha anche la possibilità di correggere i compiti in tempo reale.

È un dominio protetto dai docenti che iscrivono gli allievi, moderano e amministrano la Classroom.

In alcuni casi è possibile avviare una chat collettiva per dialogare con gli alunni.

Un sistema di e-learning offre le seguenti funzionalità di base:

In un momento di grande emergenza il lavoro svolto dal Miur e da tutti gli istituti scolastici dimostra una grande attenzione per gli alunni e il loro apprendimento, per i docenti è un’opportunità per mettersi in gioco con l’innovazione digitale che oggi è indispensabile per ogni settore professionale.

 

“Puoi leggere, leggere, leggere, che è la cosa più bella che si possa fare in gioventù: e piano piano ti sentirai arricchire dentro, sentirai formarsi dentro di te quell’esperienza speciale che è la cultura”

(Pier Paolo Pasolini)

Articolo di Valeria Fratellini

Brand reputation: cos’è?

La brand reputation (o reputazione della marca) si riferisce a quanto e come un marchio è conosciuto e apprezzato dal pubblico nel corso del tempo.

L’immagine del brand ha un ruolo importante perché svolge una funzione fondamentale nella strategia di comunicazione aziendale che sta alla base, ma è la brand reputation, a permettere al marchio di “conquistarsi” un primato nella mente del consumatore, determinando una differenziazione di prodotto/servizio dai competitors.

L’immagine può essere soggetta a continui cambiamenti ed essere priva di ogni rapporto diretto essendo puramente visiva, mentre la reputazione dipende dal legame diretto con il consumatore: valori del brand, personalità, posizione su temi sociali.

Quali sono gli errori da evitare e come correggerli?

La brand reputation è un aspetto che non è quantificabile né qualificabile nel breve termine perché si costruisce nel tempo.

Se non si attua la giusta strategia si può rischiare di incorrere in irreparabili errori: bastano, infatti, poche azioni per danneggiare l’opinione che l’audience ha di un determinato brand.

Attraverso un nome si costruisce l’identità con la quale ci si propone al pubblico.

La brand reputation online

La brand reputation online rappresenta lo strumento con cui il marchio si sviluppa sul web e tale aspetto può subire mutazioni con molta rapidità. Questo fenomeno avviene soprattutto con i social network, il mondo virtuale nel quale il pubblico scambia delle vere e proprie opinioni con altri utenti, che vengono diffuse velocemente.

Perciò la brand reputation è efficace se:

Con l’avvento dei social network, prima di effettuare un acquisto, si cercano informazioni su un dato prodotto/servizio e le opinioni del pubblico risultano rilevanti, tanto da precludere l’acquisto o l’opinione sul brand.

 

Come costruire una brand reputation efficace nel tempo?

Ci sono diversi fattori che contribuiscono alla formazione e al consolidamento, nel tempo, della Brand Reputation.

Il Reputation Institute, per esempio, propone sette dimensioni che contribuiscono alla costruzione della corporate reputation * e che sono alla base del loro processo di classificazione:

La brand reputation ha un valore inestimabile: tutti i brand dovrebbero creare delle strategie comunicative efficaci e soprattutto che invoglino il consumatore a preferire una marca piuttosto che un’altra, creando un vero e proprio “legame” duraturo nel tempo in grado di evidenziare tutte le sue peculiarità positive.

 

 

Il tempo è il bene più prezioso che possediamo e
rappresenta la sostanza di cui è fatta la vita.

 

Articolo di Valeria Fratellini

Ogni settimana abbiamo a disposizione 168 ore.

Ipotizziamo di dormire 8 ore al giorno, di lavorarne altre 8, di dedicarne almeno 4 a pasti e alle commissioni e di prenderne infine un paio per il tempo libero.

Ne rimangono a disposizione altre 30 che spesso non sappiamo come siano distribuite nell’arco della settimana.

Ottimizzare il tempo non significa trasformarsi in un invincibile robot ed essere in grado di poter fare qualsiasi cosa all’ultimo momento, riempire l’agenda di impegni e compiti da eseguire.  Al contrario, ottimizzare il tempo vuol dire capire come, quando e quanto stiamo investendo e dando valore al nostro inestimabile tempo.

 

Come possiamo ottimizzare il tempo?

Ecco 4 sprechi da eliminare per ottimizzare il tempo a disposizione

1. Errori

A volte capita di imprecare alla guida per aver sbagliato un’uscita autostradale.

Quando capita, il senso di nervosismo accumulato si aggiunge al viaggio e ai chilometri che rimangono da percorre, per raggiungere la meta.

Un secondo di disattenzione può provocare malumori o modificare il nostro stato d’animo.

2. Sovrapproduzione

Spesso l’insicurezza è alla base del nostro spreco, dal quale dobbiamo liberarci: la sovrapproduzione. La “sovrapproduzione” colpisce la nostra vita professionale personale.

Gli eterni messaggi sui social o sulle piattaforme di messaggistica istantanea potrebbero essere sostituite da una telefonata.

Al posto di compiere azioni difficili, ma essenziali, si preferisce dilungarsi la maggior parte delle volte in attività futili che risultano più facili e semplici donando quell’illusorio senso di sicurezza e tranquillità.

3. Spreco di competenze

Lo spreco di competenze o talento in ambito organizzativo è un problema da non sottovalutare: far emergere i talenti, assegnarli ai progetti giusti, trattenerli, sono gli investimenti che ogni anno interessando le aziende.

Ogni volta che investiamo troppo del nostro prezioso tempo in attività e progetti in cui ci sentiamo sicuri e a nostro agio, ma che non ci fanno crescere, stiamo buttando via parte del nostro tempo che interessa la vita professionale.

Dovremmo imparare a confrontarci almeno una volta al giorno con sfide, compiti e obiettivi che siano al limite della zona di comfort.

Solo in questo modo sapremo che stiamo davvero investendo saggiamente il nostro tempo.

 4. Attese superflue

Tutto deve scorrere nella maniera più fluida possibile: senza intoppi, senza inutili attese.

Se si prova a visualizzare la vita, più che ad un flusso che scorre pacificamente, somiglia ad una corsa ad ostacoli, piena di imprevisti, fermate forzate ed interminabili perdite di tempo.

Esiste un modo efficace per eliminare le attese: eliminarle.

Molte attese derivano dalla scarsa attitudine a pianificare. Quando ci si accorge che per completare un lavoro, o studiare per un esame, ci manca del materiale, stiamo generando un’attesa che potrebbe essere semplicemente eliminata con un minimo di organizzazione, che sta alla base.

Ottimizzare il tempo non significa affannarci nel fare ancor più velocemente e con più stress quanto siamo già abituati a fare durante la vita quotidiana.

Ottimizzare il tempo significa innanzitutto eliminare gli sprechi, limitare il superfluo e concentrare l’attenzione e le energie solo su quelle attività che aggiungono davvero valore al nostro vivere sia professionale che privato.

È il momento di riprenderci il nostro tempo, farne una priorità e riscoprirne la sua meravigliosa bellezza.

 

 

 

 

 

 

 

 

Articolo di Valeria Fratellini

“Quali saranno le professioni più ricercate dal mercato?”

Questa è la domanda che almeno una volta nella vita si è posto ognuno di noi prima di iniziare un nuovo percorso lavorativo.

Ma come trovare un posto nel mondo del lavoro, senza perdere di vista l’obiettivo e tener conto anche delle nostre passioni e ambizioni?

Per esprimere a pieno il talento bisogna imparare a coltivarlo: il successo individuale dipende dalla nostra determinazione. Dobbiamo essere capaci di incentivarlo e sorreggerlo.

Tra le professioni del futuro, ossia quelle maggiormente richieste oggi dal mercato del lavoro, troviamo quelle impiegate nel vasto settore comunemente chiamato “digital marketing”.

Un settore fortemente in crescita che racchiude diverse figure professionali altamente specializzate:

Come scegliere il lavoro più adatto alle nostre skill?

Occorre innanzitutto prendere in considerazione le proprie passioni e le proprie skill di base: comprendere quale professione si avvicina a quello che ci piace fare è il primo passo per potenziare il nostro talento e metterlo a servizio del mercato (e del mondo). Un altro elemento importante è, quindi, analizzare quello che ricerca l’attuale mercato del lavoro: questo può aiutarci a comprendere se la professione a cui aspiriamo, può essere collocata all’interno dello stesso e in quale misura.

Un altro concetto da tenere bene a mente è quello di non focalizzarsi solo su skills settoriali. Innovarsi e aggiornarsi soprattutto in un vasto settore come quello del digital marketing, sta alla base della determinazione con la quale si affronta un preciso percorso, man mano che vengono acquisite le conoscenze in materia. Essere in possesso di skill trasversali rappresenta ovviamente un valore aggiunto.

Il successo lavorativo si costruisce a piccoli passi, ma devono essere continui e costanti: cercare il proprio talento, porsi un obiettivo, perseguirlo con determinazione senza mai dimenticare che: “Il futuro è molto aperto, e dipende da noi, da noi tutti. Dipende da ciò che voi e io e molti altri uomini fanno e faranno, oggi, domani e dopodomani. E quello che noi facciamo e faremo dipende a sua volta dal nostro pensiero e dai nostri desideri, dalle nostre speranze e dai nostri timori. Dipende da come vediamo il mondo e da come valutiamo le possibilità del futuro che sono aperte”.
(Karl Popper)